Il comparto delle macchine utensili archivia un 2021 eccellente sia considerando il fatturato dei costruttori italiani di macchinari, il cui fatturato recupera quasi tutto quello che era stato perso nel biennio della pandemia, sia considerando il consumo di macchine da parte dell’industria manifatturiera italiana, che torna sopra quota 5 miliardi di euro. E l’anno in corso promette di proseguire sulla via della crescita.
“Nel 2021 abbiamo recuperato praticamente tutto quello che avevamo perso a causa del Covid, facendo meglio dei nostri principali competitor”, commenta Barbara Colombo, appena riconfermata presidente di Ucimu – Sistemi per Produrre per il biennio 2022-2023. “Il tutto a dispetto della scarsità e del rincaro delle materie prime, energia in primis, e delle componenti elettriche ed elettroniche”.
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I dati: 2021 a gonfie vele
Secondo i dati resi noti dal centro studi di Ucimu – Sistemi per Produrre, i costruttori italiani di macchine utensili hanno registrato vendite di macchinari per 6,33 miliardi di euro, in crescita del 22,2% rispetto al 2020.
La crescita è stata trainata sia dall’andamento dei mercati esteri sia soprattutto del mercato nazionale.
L’export
L’export è risultato in crescita dell’11,7% a quota 3,2 miliardi.
Nel 2021, principali mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati: Germania (353 milioni, +22,2%), Stati Uniti (336 milioni, -10,1%), Cina (228 milioni, +1,7%), Polonia (177 milioni, +23,5%), Francia (176 milioni, +11,3%), Turchia (129 milioni, +28,7%), Russia (103 milioni, +2,9%), Spagna (99 milioni, +4,4%).
Il mercato interno
Le vendite dei costruttori italiani sul mercato nazionale hanno raggiunto 3,13 miliardi di vendite.
Il consumo interno è arrivato, sommando agli acquisti dai costruttori nazionali le importazioni, a quota 5.005 milioni di euro, registrando una crescita del +40,7 %: un valore molto vicino ai 5.164 milioni dell’anno record 2018.
Grazie alla maggior crescita del mercato interno, il rapporto tra export e fatturato totale scende così al 50,5%, il dato più basso della storia recente.
La capacità produttiva
La performance positiva dell’industria italiana del settore si è riflessa sul livello di utilizzo della capacità produttiva, la cui media annua è decisamente aumentata, passando dal 65% del 2020, all’80,2% del 2021. In crescita anche il carnet ordini, che si è attestato a 7,3 mesi di produzione assicurata, contro i 5 mesi dell’anno precedente.
2022 ancora a doppia cifra
Quanto al 2022, le prospettive sono ancora molto positive, nonostante le incertezze che caratterizzano gli scenari internazionali e il perdurare della pandemia.
La produzione è prevista in crescita ancora a doppia cifra e dovrebbe superare i 7.150 milioni di euro (+13%), mentre il consumo i 5.670 milioni di euro (+13,2%). L’export crescerà a 3.630 milioni, tornando così ai valori record del 2018.
Le incognite
Mentre la scarsità delle materie prime (nickel, ghisa ecc.) sembra in graduale miglioramento, resta critica la situazione relativa alla disponibilità delle componenti elettriche ed elettroniche, cuore pulsante di macchinari sempre più digitali, e dell’energia, per la quale “temiamo un peggioramento della situazione in autunno”, commenta Colombo.
L’altra grande incognita riguarda la transizione ecologica, con particolare riferimento al settore Automotive, che si vedrà costretto ad accelerare il fine vita del motore a combustione interna.
Sul punto la visione di Ucimu – Sistemi per Produrre è molto critica.
“In Italia abbiamo una forte e radicata tradizione nella produzione automotive, che comprende non solo la produzione di veicoli ma anche quella di componentistica, realizzata per lo più da piccole e medie aziende, presenti nelle catene di fornitura dei settori auto di tutto il mondo, a partire dalla Germania. Noi stessi costruttori di macchine utensili destiniamo circa il 50% della produzione nazionale all’automotive. Questo enorme macrosettore rappresenta un patrimonio che va assolutamente preservato anche perché è frutto ed espressione della conoscenza e del saper fare italiano”.
Per questo – dice Colombo – “non vogliamo assolutamente opporci al cambiamento, chiediamo solo di bilanciare correttamente gli interventi e di definire un’agenda con un timing ragionevole che permetta anche la riconversione di quegli impianti che, gioco forza, dovranno orientarsi su nuove produzioni e settori alternativi, e che assicuri la formazione professionale correlata”.
Un incentivo permanente per la sostituzione dei macchinari
La digitalizzazione delle macchine e l’interconnessione degli impianti sta offrendo importantissimi vantaggi all’industria manifatturiera italiana in termini di flessibilità, efficienza, manutenzione predittiva.
“Per questo – dice Colombo – chiediamo al Governo di lavorare a un intervento che renda strutturale il supporto al processo di sostituzione dei macchinari obsoleti e all’introduzione di tecnologie 4.0”.
Oltre a questo è fondamentale un investimento importante nel tema della formazione, sia prorogando e semplificando il credito d’imposta per la Formazione 4.0 sia investendo nell’educazione offerta dagli istituti tecnici.
Il taglio del cuneo fiscale
E pensando ai giovani Colombo propone, in attesa di un provvedimento più generale di riduzione del cuneo fiscale, di iniziare da subito dai giovani.
Sul punto Colombo trova la sponda del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, intervenuto all’assemblea di Ucimu – Sistemi per Produrre, che chiede un forte intervento per il cuneo fiscale a cui bisognerebbe assegnare 16 miliardi per intervenire sulle buste paga dei dipendenti sotto i 35 mila euro, distribuito per i due terzi al lavoratore e per un terzo all’impresa. I lavoratori – spiega – si porterebbero a casa oltre 1.100 euro netti in più all’anno. Da dove prenderli? Dai 38 miliardi di extra gettito fiscale che si attendono, suggerisce Bonomi.