La carenza di chip si protrarrà fino al 2024: la pessimistica previsione è stata fatta dal Ceo di Intel, Pat Gelsinger.
Il motivo è presto detto: la scarsità di semiconduttori sta colpendo, come prevedibile, anche i sofisticati macchinari che producono i circuiti integrati, che utilizzano ovviamente moltissima elettronica.
Questo collo di bottiglia nell’espansione della produzione è completamente in controfase con una domanda che sale sempre di più vista la richiesta crescente in settori quali l’Internet of Things, le reti dati veloci, la robotica, l’automotive e l’elettronica di consumo.
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Previsioni in peggioramento
Gelsinger, intervistato da CNBC, ha infatti detto che “questa difficoltà è uno dei motivi per i quali riteniamo che la carenza complessiva di semiconduttori arriverà ora fino al 2024, un peggioramento rispetto alle nostre stime precedenti che parlavano del 2023. Questa scarsità ha ora colpito le apparecchiature produttive e quindi l’aumento della produzione dei semiconduttori è messo a dura prova”.
Ricordiamo che Intel ha istituito un fondo da un miliardo di dollari per supportare l’ecosistema delle “fonderie” dei chip. Anche la Commissione Europea ha presentato una sua strategia per rendere l’Ue più autonoma riguardo la produzione dei chip ma se mancano i macchinari l’efficacia di questo strumenti appare dubbia.
Una produzione troppo concentrata
La pandemia da Covid-19 ha causato la rottura di un equilibrio che, a posteriori, abbiamo scoperto essere fragile: la produzione dei semiconduttori ha subito un grave rallentamento proprio quando la domanda di apparati elettronico-informatici si impennava per il lavoro e la didattica a distanza, l’espansione dell’infotainment causata dalla forzata permanenza in casa e la crescente richiesta di apparati medicali.
Questa carenza, combinata con l’impennata dei prezzi causata prima dalla ripresa post-pandemia e poi dal conflitto ucraino, ha contribuito a far sperimentare globalmente un’inflazione che non si vedeva dagli anni ’80. Ad aggravare la situazione c’è anche il fatto che la gran parte della capacità produttiva mondiale di chip è concentrata in Asia ed è per questo che Intel ha annunciato azioni per diversificare geograficamente la produzione, con ingenti investimenti per costruire impianti negli Stati Uniti e in Europa.
A soffrire molto è anche l’automotive: la sua richiesta di chip, pur in aumento, è ancora minoritaria (dando quindi poca capacità contrattuale) e la cancellazione di molti ordini durante il lockdown ha fatto scivolare il settore in coda nell’evasione degli ordini. Questo ha per esempio portato a tagli produttivi per svariati milioni di veicoli che hanno colpito pesantemente anche gli stabilimenti italiani di Stellantis.