La manifattura sta attraversando una fase di trasformazioni profonde e con un potenziale d’impatto paragonabile all’avvento dell’Industria 4.0. Davanti a queste sfide, è necessario ripensare le filiere in un’ottica di integrazione e open innovation, perché solamente attraverso l’innovazione di tutta la filiera si favorisce la competitività del sistema Paese. È questo il messaggio che emerge dall’assemblea pubblica del Cluster Fabbrica Intelligente, l’associazione riconosciuta dal Ministero della Ricerca che unisce oltre 300 tra imprese di grandi e medio-piccole dimensioni, università e centri di ricerca, associazioni imprenditoriali e stakeholder del manufacturing avanzato.
L’assemblea si è voluta incentrare sul tema dell’Innovability, ovvero l’innovazione al servizio della sostenibilità.
“Innovability, Innovation for Sustainability, è la parola chiave che sintetizza l’evoluzione della visione del Cluster in cui Transizione Digitale e Ambientale si intersecano per favorire la crescita della competitività della Manifattura Italiana, la seconda in Europa”, spiega Luca Manuelli, Presidente del Cluster Fabbrica Intelligente.
Un tema che il Cluster Fabbrica Intelligente sta affrontando a 360°, sia nel suo impegno per connettere il mondo delle imprese con quello delle università e dell’educazione in generale – necessario per individuare e formare le competenze che saranno indispensabili nel futuro alle imprese –, sia per fornire delle roadmap che fungano da guida ai legislatori per guidare l’industria in questa fase di cambiamento.
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La roadmap per vincere le sfide della rivoluzione digitale e green
Proprio a delineare le linee guida per affrontare al meglio i cambiamenti che stanno interessando la manifattura è dedicata una nuova roadmap sviluppata dal cluster, attualmente in fase di stampa e che sarà presto disponibile.
Una roadmap che ha il vantaggio di essere il frutto di un confronto tra rappresentanti dell’industria, dell’educazione e del mondo della ricerca e che quindi intende fornire un quadro completo delle sfide che il settore manifatturiero si trova e si troverà ad affrontare e delle linee di intervento ben definite.
Linee di intervento che partono dalla considerazione dei trend di cambiamento globale legati proprio alla trasformazione digitale e green. La prima, accelerata fortemente dalla pandemia, ha visto la diffusione di nuovi modelli lavorativi (come lo smart working) che sono presto diventati da strumento di risposta all’emergenza a modelli organizzativi non solo accettati, ma desiderati e richiesti dai lavoratori.
Implementare il lavoro da remoto nell’industria non vuol dire semplicemente ricercare soluzioni che permettano lo scambio di informazioni, ma è necessario anche disporre di strumenti che mettano gli operatori in grado di attuare determinate azioni anche a distanza. Per le aziende manifatturiere, questo bisogno è alla base della sfida di implementare sistemi in grado di dare il senso di presenza e di implementare azioni, di gestire adeguatamente l’interazione con l’ambiente e gli esseri umani e di supportare le attività di manutenzione e commissioning anche da remoto.
A queste sfide si aggiungono quelle legate alla transizione ecologica, che riguardano in particolar modo l’approvvigionamento delle risorse necessarie ad attuare quei cambiamenti di processo e di prodotto indispensabili alla transizione. E se, da un lato, le aziende si trovano ad affrontare già l’impatto di questi problemi di approvvigionamento, gli esperti suggeriscono che la crescente domanda di risorse difficilmente reperibili aumenterà nei prossimi anni.
Secondo le stime della società di consulenza Roland Berger, infatti, entro il 2050 il consumo dei materiali sarà aumentato di otto volte, quella di terre rare si decuplicherà, la domanda di litio nell’Unione Europea aumenterà di 60 volte, mentre quella di cobalto di 15 volte a causa degli aumenti di produzione dei veicoli elettrici.
A partire da questi trend di cambiamento, i gruppi di lavoro che hanno partecipato al confronto sulla nuova roadmap hanno individuato diverse aree di intervento, che indicano i sistemi necessari ad affrontare queste trasformazioni:
- sistemi per prodotti personalizzati, perché la domanda di personalizzazione del prodotto, che ha caratterizzato l’Industria 4.0, crescerà anche nel futuro
- sistemi per la sostenibilità industriale, che includono i sistemi di circular economy e re-manufacturing, zero waste, energy efficiency ecc.
- valorizzazione delle persone, che richiede la ricerca dell’ergonomia e della sicurezza dei luoghi di lavoro, una maggiore collaborazione tra uomo e tecnologie di automazione, sempre nell’ottica della persona come centro del progresso tecnologico
- alta efficienza e produzione zero-defect, che richiede una gestione integrata degli aspetti di produzione, logistica, controllo di qualità e molto altro
Per abilitare questi cambiamenti, le aziende avranno bisogno di tecnologie digitali – come piattaforme, strumenti di modellazione, strumenti di AI e cyber security – ma anche di sistemi di produzione evoluti e resilienti e di processi produttivi innovativi.
Sfide importanti a cui il Cluster Fabbrica Intelligente guarda con attenzione, intenzionato ad assumere quel ruolo di dimostratore alle imprese della possibilità di cavalcare questi cambiamenti puntando sull’innovazione e le tecnologie, proprio come ha già fatto con i Lighthouse Plant, le fabbriche-faro per l’innovazione industriale.
“Dobbiamo dimostrare che in Italia si può fare innovazione al massimo livello, anche a livello internazionale. È importante perché l’Italia viene spesso inserita tra quei Paesi più riluttanti ad adottare le tecnologie, quando abbiamo degli esempi di assoluto rilievo, come i Lighthouse Plant” spiega Tullio Tolio, membro del Comitato Tecnico Scientifico del Cluster Fabbrica Intelligente.
“Ovviamente porteremo queste roadmap ai Ministeri, perché soprattutto in una fase come questa, con le tante opportunità che apre il PNRR, c’è bisogno di linee guida per utilizzare le risorse al meglio”, aggiunge.
La trasformazione deve partire dalle filiere
E mentre la roadmap è stata sviluppata anche come linea guida per la crescita della singola impresa, il Cluster è da sempre interessato allo sviluppo delle filiere, in quanto fattore caratterizzante il sistema imprenditoriale italiano. Un sistema che vede a capo una grande realtà, che realizza il prodotto finale, che ha dietro tutta una serie di realtà di più piccola dimensione che contribuiscono allo sviluppo del prodotto.
Un modello esteso ed integrato, che permette al sistema imprenditoriale italiano, a maggioranza formato da PMI, di competere sui mercati internazionali con altri Paesi dove invece vi è una prevalenza di grandi realtà. Non solo: è proprio grazie a questo modello che le imprese italiane hanno saputo assorbire meglio l’impatto della pandemia.
Ed è a livello di filiera che si devono quindi discutere quelli che sono i temi rilevanti per la manifattura di oggi, tra cui il co-design dei prodotti e dei processi, ma anche la valutazione del Life Cycle Analysis, necessaria per affrontare la transizione ecologica.
“Processi che devono esser fatti a livello di filiera, perché nell’economia circolare le filiere dovranno cambiare completamente. Si passerà infatti da un sistema dove il ruolo dell’azienda finisce con la produzione del prodotto e la consegna al consumatore a uno dove il prodotto deve tornare indietro, per poter essere ricondizionato o lavorato per fungere da materia prima ad altri processi”, spiega Tolio.
Da qui emergeranno nuove opportunità per le aziende, ma anche nuove realtà che si dovranno specializzare in queste fasi del ciclo di vita del prodotto che finora non erano considerate. Vi sono poi tutti quei temi che riguardano la resilienza delle filiere, la cui importanza è stata sottolineata dalla pandemia, che riguarda tutti quegli aspetti di valutazione dei costi, dei rischi, della qualità del prodotto, ma anche di mappatura delle competenze tecnologiche presenti all’interno della filiera, cruciale per poter convertire la produzione davanti ad esigenze improvvise.
Innovability, gli ostacoli ancora da superare
In un contesto dove il “modello filiera” si sta diffondendo in sempre più settori, il contributo della politica nella creazione delle opportunità necessarie alle aziende per poter realizzare gli investimenti che abilitano l’innovazione resta fondamentale. Politica che deve essere in grado anche di rivedere strategie e agevolazioni a seconda del contesto in cui si trovano le imprese.
Ed è quello che Confindustria critica al Governo per quanto riguarda il PNRR, un documento stilato in condizioni diverse rispetto a quelle attuali e che quindi dovrebbe essere rivisto per integrare i bisogni che sono emersi.
Una revisione che, come ha recentemente precisato anche il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi, non deve essere la scusa per ritardare gli interventi attuativi degli investimenti previsti, né tanto meno scusa per rimandare quelle riforme che il Paese attende da tempo.
Capire la situazione difficile in cui si trovano le imprese vuol dire anche, per Confindustria, rivedere la diminuzione delle aliquote del Piano Transizione 4.0 e che attualmente sta lavorando proprio su questo in un tavolo aperto con il Mise.
Non si tratta tanto di essere contrari alla riduzione delle aliquote, quanto di capire quale sia il momento giusto per farlo. “E, visto l’andamento dell’inflazione e la perdita di fiducia delle imprese, non è questo il momento per ridimensionare uno strumento che ha portato a risultati importanti”, spiega Maurizio Marchesini, Vice Presidente di Confindustria con delega per le filiere e medie imprese.
“I dati relativi alle PMI ci dicono che sono ancora tante le imprese che non hanno fatto questi investimenti e ciò si ripercuote su tutta la filiera. Il nostro lavoro, in questo momento, è cercare di far capire alle imprese, e soprattutto ai capi filiera, che hanno una grande responsabilità in questo senso”, commenta.
Su questo punto insiste anche Gianluigi Viscardi, Presidente di Digital Innovation Hub Lombardia, che sottolinea anche l’importanza di lavorare a livello di filiera anche per quanto riguarda il trasferimento tecnologico, poiché ciò che manca al momento è la capacità di “mettere a terra i progetti di ricerca”.
Lavorare su questo punto permetterebbe a piccole realtà innovative di immettere nella filiera quelle competenze che spesso sono presenti nelle PMI o nelle startup innovative (e che a volte le grandi aziende faticano a trovare) e che non vengono sfruttate proprio perché restano confinate all’interno delle mura aziendali. Inoltre, questo sistema, già adottato dal consorzio del DIH Lombardia, permetterebbe inoltre di valorizzare quanto già è stato fatto, invece di costruire da zero altri sistemi, e di utilizzare quelle ricerche applicate già fatte e che “troppo spesso finiscono per riempire cassetti”, spiega Viscardi.
Ed è proprio questo uno dei temi su cui il cluster intende concentrarsi nei prossimi anni, attraverso la costruzione di piattaforme manifatturiere, presenti in gran parte negli Stati Uniti e in Asia, ma al momento assenti in Europa, che invece ha tutte le carte in regola per poter assurgere a un ruolo di leadership in questo ambito.
“Il modello della piattaforma va completamente a ripensare il processo di produzione, perché l’idea è che carico un disegno nella piattaforma, che trova l’attore che può realizzare il prodotto e che poi lo consegnerà al soggetto iniziale. Non si potrà fare per tutti i prodotti, ma per molti si adotterà questo modello, quindi il mondo dei terzisti italiani cambierà completamente”, spiega Tolio.
La sfida è quindi quella di ampliare l’orizzonte oltre la catena di fornitura della singola azienda e comprendere il valore del network, la necessità che l’ottimizzazione deve riguardare tutti gli attori affinché se ne possa davvero cogliere il vantaggio.
Ed è quello su cui sta lavorando Opificio digitale di Wärtsilä Italia, divenuto lo scorso giugno il sesto Lighthouse Plant del Cluster Fabbrica Intelligente.
“La piccola e media azienda ha bisogno di competenze per fare innovazione, ma anche di condivisione di strumenti da parte delle grandi realtà. Ed è quello che abbiamo fatto, sviluppando uno strumento che si interfaccia con altri strumenti molto noti, che potesse essere dato a qualsiasi PMI che può e vuole continuare svilupparlo con le sue competenze, per gestire l’execution”, spiega Giuseppe Saragò, General Manager di Wärtsilä Italia.
“In questo modo, si condividono i dati di manufacturing, di produzione, le problematiche e riduco il waste, che oggi vuol dire ridurre il consumo energetico. Inoltre, avere i dati di un’intera filiera, anonimizzati, consentirebbe di astrarre i problemi legati a una determinata lavorazione meccanica e di superarli, aiutando co anche la crescita tecnologica degli attori più piccoli della filiera”, conclude.