Il Cloud cresce, per le grandi aziende è l’ora di progetti più complessi

Il mercato italiano dei sistemi Cloud continua a espandersi e nel 2021 vale 3,8 miliardi di euro, con una crescita del +16% in un anno, come rileva il report annuale dell’Osservatorio Cloud Transformation, giunto all’undicesima edizione, e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano

Pubblicato il 13 Ott 2021

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Dopo una prima fase di adozione del Cloud in cui migrare le applicazioni con minore impatto possibile sul business, per le grandi aziende oggi è il momento di affrontare progetti più complessi. Che non trovano un’adeguata risposta nell’offerta di mercato di soluzioni standard, ma richiedono soluzioni più personalizzate.

Lo dimostra l’interesse e il ricorso crescente verso le strategie di migrazione orientate alla riprogettazione applicativa e verso le architetture Cloud Native. I benefici sono molti: dalla maggiore scalabilità, flessibilità e portabilità delle applicazioni, alla più ampia agilità progettuale legata alla rapidità di sviluppo, fino ai minori costi di realizzazione e gestione del software.

Intanto, il mercato italiano dei sistemi Cloud continua a espandersi e nel 2021 vale 3,8 miliardi di euro, con una crescita del +16% in un anno. Nelle grandi aziende il 44% del parco applicativo si trova oggi su Cloud pubblico o privato: è vicino il sorpasso sulla quota ancora gestita on-premises. A fotografare lo scenario di sviluppo è il consueto report annuale dell’Osservatorio Cloud Transformation, giunto all’undicesima edizione, e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

Dalle pagine del rapporto, e dal convegno di presentazione che si è svolto al Campus Bovisa del Politecnico milanese, emergono i risultati raggiunti e le principali tendenze in atto: dopo un 2020 condizionato dalla pandemia mondiale, “ora le imprese e le pubbliche amministrazioni stanno affrontando la vera sfida: strutturare una strategia di lungo periodo che metta il Cloud al centro della digitalizzazione”, sottolinea Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation.

I numeri mostrano “segnali positivi sul percorso intrapreso, con un incremento degli investimenti legati ai progetti strategici, all’interconnessione delle applicazioni ormai distribuite in diversi ambienti computazionali e all’innovazione funzionale e architetturale. Occasioni di sistema come i fondi stanziati dal PNRR, il recente incremento delle infrastrutture Data Center sul territorio e l’avvio del progetto Gaia-X rappresentano venti favorevoli che il Paese è pronto a cogliere”.

E, a proposito di numeri, ecco il polso della situazione: il Public and Hybrid Cloud, ovvero l’insieme dei servizi forniti da provider esterni e l’interconnessione tra Cloud pubblici e privati, si conferma la componente principale del settore con una spesa di 2,3 miliardi (+19% sul 2020). Il Virtual and Hosted Private Cloud, cioè i servizi infrastrutturali residenti presso fornitori esterni, raggiunge gli 814 milioni di euro (+11%), mentre la Datacenter automation, ossia la modernizzazione delle infrastrutture on-premises, cresce del +8% per un totale di 631 milioni di euro.

I servizi Platform as a Service (PaaS) registrano la crescita migliore (+31%, raggiungendo i 390 milioni di euro), mentre quelli Software as a Service (SaaS) rimangono i più rilevanti per valore (1,1 miliardi di euro), ma rallentano la propria crescita dopo il boom legato all’emergenza sanitaria del 2020.

Tuttavia, “il 34% delle imprese non ha ancora accompagnato questo percorso tecnologico con azioni di cambiamento organizzativo rivolte alla Direzione IT, come l’arricchimento delle competenze del personale esistente, il potenziamento della struttura organizzativa con specialisti nelle tecnologie Cloud, o la revisione dei processi aziendali coinvolti”, fa notare il direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation.

Una nuova spinta per progetti pluriennali

Oggi circa la metà del budget aziendale dedicato al Cloud è destinato all’innovazione e alla migrazione dei sistemi legacy, a riprova della sua rilevanza strategica nell’accelerare il percorso di trasformazione digitale.

“Superate le azioni tattiche di risposta al contesto emergenziale del 2020, il 2021 ha visto una ripresa e una nuova spinta verso progetti pluriennali di trasformazione”, spiega Stefano Mainetti, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation.

E indica: “queste iniziative, che uniscono in un’unica strategia sia i nuovi progetti IT che l’evoluzione dei sistemi legacy, permettono di cogliere i benefici sostanziali del Cloud, quale fattore abilitante per la modernizzazione del parco applicativo delle imprese. Tuttavia, il percorso è ancora agli inizi, come testimonia l’ancora limitata presenza di applicazioni pensate nativamente per il Cloud, che cubano oggi circa il 10% del portafoglio applicativo delle imprese”.

Compiere altri passi verso la Cloud transformation

Le strategie Hybrid e Multi Cloud, poi, “sono sempre più diffuse nelle grandi imprese italiane”, rileva Fabrizio Garrone, Enterprise solution director di Aruba Enterprise, “imprese che oggi fanno riferimento mediamente a 5 Cloud provider per l’erogazione dei propri servizi, in crescita rispetto ai 4 del 2020. Si tratta di ambienti integrati ma non ancora pronti a un’orchestrazione dinamica delle risorse”.

Dal punto di vista delle competenze, le aziende “stanno coniugando la presenza di personale interno, dedicato al presidio dell’evoluzione funzionale e dell’integrazione del mondo Cloud con i sistemi esistenti in azienda, con l’acquisizione di competenze tecniche dai partner di filiera”, rimarca Fabio Veronese, Head of global infrastructure in Enel.

“Il nostro ecosistema è chiamato a cogliere le opportunità attualmente esistenti, a livello nazionale ed europeo, e fare questo ulteriore passo nella Cloud Transformation”, osserva Eugenio Barozzi, Public Cloud sales in IBM. E sottolinea: “le grandi imprese hanno consolidato una visione di lungo periodo sul Cloud e le PMI, dopo la crescita di adozione e spesa registrata lo scorso anno, non sono tornate indietro: proprio gli investimenti di sistema possono rappresentare l’elemento finora mancante per colmare il gap di cui l’Italia ha storicamente sofferto rispetto al resto del mondo”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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