Aggiornamento del 20/3 – In maniera piuttosto sorprendente, nel decreto Sostegni non è stata “sistemata” la vicenda di cui parliamo in questo articolo. I 32 miliardi di scostamento sono stati – aggiungeremmo giustamente – utilizzati tutti per le misure di sostegno. Fonti governative non escludono che la partita si giocherà in sede di conversione del decreto legge. Il problema è piuttosto impegnativo sul piano delle risorse e purtroppo non si può risolvere spostando qualche risorsa di qui e di là, visto che, per riempire il “buco” presente in legge di bilancio, servono almeno 4 miliardi: una cifra che non si trova certo nel taschino della giacca di primavera. Perché si trovino queste risorse occorre dunque attendere una nuova autorizzazione di scostamento di bilancio, che dovrebbe avvenire in concomitanza con la presentazione del DEF, entro il 10 aprile. Una tempistica che effettivamente è compatibile con il percorso parlamentare del decreto sostegni, che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni dalla sua pubblicazione. Vi consigliamo comunque la lettura dell’articolo perché le partite in gioco sono ancora tutte qui.
Nella giornata di venerdì 19 marzo dovrebbe tenersi l’ottavo Consiglio dei Ministri dell’era Draghi chiamato a varare l’attesissimo decreto sostegni, il provvedimento che prende il posto dei “decreti ristori” dell’era Conte e che può contare su risorse da ben 32
miliardi, autorizzate nella delibera del Parlamento dello scorso gennaio. In queste settimane l’attesa è cresciuta però non soltanto per le misure di effettivo sostegno alle attività produttive e commerciali colpite dalla pandemia e dalle chiusure, sulle quali si attende un cambio di approccio rispetto all’amministrazione precedente, ma anche perché una parte dei 32 miliardi servirà a mettere a posto anche alcune incongruenze del piano Transizione 4.0 licenziato dal Parlamento nella scorsa Legge di Bilancio.
A dire il vero negli ultimi giorni si erano rincorse voci secondo le quali la necessità di ricorrere a tutti i 32 miliardi per le misure di sostegno avrebbe fatto slittare la questione Transizione 4.0 a un successivo provvedimento da finanziare con ulteriore extra deficit. Così non sarà e con ogni probabilità, stando a quanto abbiamo potuto ricostruire, gli attesi correttivi arriveranno, in tutto o in parte, nei prossimi giorni.
Ma vediamo adesso con ordine tutti i nodi che il provvedimento è chiamato a sciogliere.
Indice degli argomenti
Il nodo delle coperture finanziarie
Il primo punto da sistemare – che è poi la ragione per cui il provvedimento riveste particolare carattere di urgenza e sarà inserito nel decreto sostegni – è la questione delle coperture.
La legge di bilancio ha infatti finanziato il 23,8 miliardi del piano Transizione 4.0 con una (buona) parte di un fondo costituito per sfruttare da subito le risorse del Recovery Fund – Next Generation EU per l’Italia. Purtroppo una parte cospicua di questi 23,8 miliardi – per l’esattezza 8,4 miliardi – sono stati imputati al rinnovo e al rafforzamento per due anni del credito d’imposta per l’acquisto dei beni strumentali semplici, non 4.0. Nelle settimane seguenti, Bruxelles ha fatto sapere che le risorse del Recovery non potranno essere usate per quel tipo di misura volta a un semplice rinnovo del parco macchine e che, quindi, nulla ha a che vedere con gli obiettivi di digitalizzazione (che sono invece coerenti con gli altri strumenti del piano).
Nel frattempo, le ultime bozze del Piano Nazionale di Ripresa e Resilenza (PNRR) assegnano al piano Transizione 4.0 18,8 miliardi di risorse.
Il nodo delle coperture è dunque duplice. Da una parte, occorre trovare le risorse “in casa” per finanziare l’ex superammortamento; dall’altra parte ha senso spingere sull’acceleratore per portare i 15,4 miliardi del Piano attualmente compatibili con le richieste dell’Europa ai 18,8 disponibili.
Come si provvederà? Sulla prima questione, la più delicata e urgente, visto che lo Stato sta già materialmente spendendo (ricordiamo che la compensazione è già partita) risorse che mancano di copertura, è escluso che lo Stato usi ben 8,4 miliardi del nuovo scostamento per finanziare il credito d’imposta sui beni materiali semplici. Molto probabile, a questo punto, che il rinnovo sia confermato solo per un anno, abbattendo quindi le risorse necessarie per la copertura a una cifra che difficilmente potrà superare i 4 miliardi. Per il 2022 si provvederà poi nella prossima legge di bilancio.
Quanto all’ulteriore rafforzamento delle misure compatibili con lo spirito del Recovery, ci si attende invece un potenziamento delle aliquote relative al software, che potrebbero salire dal 10% al 15% e forse un aumento di alcune aliquote previste in calo per il 2022. L’altro fronte che potrebbe essere ulteriormente potenziato, lato aliquote, è il credito d’imposta su ricerca, sviluppo, innovazione e design.
Le altre questioni da risolvere
La legge di bilancio, tuttavia, non ha lasciato in eredità solamente un problema di coperture, ma anche alcune altre questioni dovute a errori nella stesura di un testo che non ha ricevuto la dovuta attenzione da parte del legislatore in sede di approvazione a causa dei tempi eccessivamente contingentati della sessione di Bilancio.
Il primo di questi errori materiali riguarda da da a partire dalla quale si possono applicare le nuove, maggiori aliquote del credito d’imposta su ricerca, sviluppo, innovazione e design. Qui la lettera della legge di bilancio ha maldestramente aumentato le aliquote senza preoccuparsi di stabilire che la maggiorazione parte da quest’anno.
Altro errore materiale è invece relativo al credito d’imposta per la formazione 4.0, dove il rinnovo è finanziato per 2 anni, ma la legge parla di ben 4 periodi di imposta, da quello in corso al 31/12/2020 a quello in corso al 31/12/2023.
Terzo errore materiale è il limite massimo degli investimenti ammessi all’incentivo per l’acquisto di software 4.0, che il legislatore voleva alzare da 700.000 euro a 1 milione, ma che, stando alla lettera della legge, ha in realtà abbassato perché il nuovo limite di 1 milione di euro è riferito a un biennio e non a ciascuno dei due anni.
C’è poi la questione del periodo di sovrapposizione tra i due regimi, quello in vigore lo scorso anno, che copre gli investimenti effettuati dal 01/01/2020 al 30/06/2021, e quello introdotto dalla nuova legge, che copre il periodo compreso tra il 16/11/2020 e il 30/06/2023, con una evidente sovrapposizione per le consegne effettuate nel periodo compreso tra il 16/11/2020 e il 30/06/2021 (ma solo per gli acquisti effettuati tra il 16/11/2020 e il 31/12/2020). Sul punto da un lato c’è chi sostiene che è il contribuente a scegliere il regime da applicare: se vuole applicare la “vecchia” normativa può farlo in quanto fino al 31/12/2020 era in vigore solo questa, in omaggio al principio del diritto “tempus regit actum”; ma se vuole applicare la nuova può farlo perché la nuova legge lo consente espressamente. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha però un altro punto di vista: il 16/11 sarebbe da intendersi come “data spartiacque” al posto del classico 31/12, per cui agli ordini prenotati e confermati prima di questa data si applica il vecchio regime e a quelli successivi il nuovo regime. Non è chiaro se nel decreto sostegni che sarà varato a giorni, o se nelle fasi di conversione in legge dello stesso decreto, c’è intenzione di sistemare anche questo punto.
Un altro punto su cui sono attese correzioni è la questione dell’incentivo per lo smart working. Al momento la legge di bilancio prevede che
La misura del credito d’imposta è elevata al 15 per cento per gli investimenti in strumenti e dispositivi tecnologici destinati dall’impresa alla realizzazione di forme di lavoro agile ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81.
Quali sono questi “strumenti e dispositivi tecnologici”? Poiché la disposizione è contenuta in un comma che parla di “beni strumentali materiali aventi a oggetto beni diversi da quelli indicati nell’allegato A”, cioè tutti i beni strumentali non 4.0, stiamo evidentemente parlando di tutti quei beni non 4.0 (hardware o software che siano) che però sono “tecnologici”. Sulla questione sembrerebbe che il Ministero dello Sviluppo Economico voglia eliminare questo comma e inserire le merceologie agevolate all’interno dell’elenco degli hardware e software considerati “4.0” negli allegati A e B.