Cyber crime, nel 2020 danni per oltre 3.000 miliardi di euro: i dati del Clusit

Nel 2020 gli attacchi gravi sono cresciuti del 12% rispetto all’anno precedente. La crescita straordinaria delle minacce cyber, in particolare nell’ultimo quadriennio, rappresenta a livello globale una ‘tassa’ sull’uso dell’ICT che arriva a valere il doppio del PIL italiano, considerando le perdite economiche dirette e quelle indirette dovute al furto di proprietà intellettuale. I dati del Report del Clusit

Pubblicato il 02 Mar 2021

coccodrillo cyber risk


Cyber criminali scatenati nel 2020 hanno sferrato il 12% in più degli attacchi rispetto all’anno precedente, provocando danni globali del valore complessivo pari a due volte il PIL dell’Italia. Lo scenario è tratteggiato dalle analisi del rapporto Clusit – Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, che sarà presentato ufficialmente in occasione del Security Summit del prossimo 16 marzo.

Nel corso del 2020 il Clusit ha registrato il record negativo degli attacchi informatici: a livello mondiale sono stati 1.871 quelli di entità grave, con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica. In media ci sono stati 156 attacchi gravi al mese, il valore più elevato mai registrato ad oggi (erano 139 nel 2019), con il primato negativo che spetta al mese di dicembre, in cui sono stati rilevati ben 200 attacchi gravi.

In termini percentuali, nel 2020 l’incremento degli attacchi cyber a livello globale è stato pari al 12% rispetto all’anno precedente; negli ultimi quattro anni il trend di crescita si è mantenuto pressoché costante, facendo segnare un aumento degli attacchi gravi del 66% rispetto al 2017.

Gli attacchi registrati nel 2020 sono stati classificati dagli esperti Clusit anche in base ai loro differenti livelli di impatto, sulla base di una valutazione dei danni dal punto di vista geopolitico, sociale, economico (diretto e indiretto) e di immagine. Nel 2020 gli attacchi rilevati e andati a buon fine hanno avuto nel 56% dei casi un impatto “alto” e “critico”; il 44% è stato di gravità “media”. Gli attacchi correlati a finalità di Cyber Espionage, per quanto numericamente inferiori, risultano avere una gravità più alta della media, e preoccupano per la loro continua crescita.

“La crescita straordinaria delle minacce cyber, in particolare nell’ultimo quadriennio, ha colto alla sprovvista tutti gli stakeholder della nostra civiltà digitale, e rappresenta ormai a livello globale una ‘tassa’ sull’uso dell’ICT che arriva a duplicare il valore del PIL italiano stimato nel 2020 (un valore pari a 1.651 miliardi di euro, ndr), considerando le perdite economiche dirette e quelle indirette dovute al furto di proprietà intellettuale”, commenta Andrea Zapparoli Manzoni, membro del Comitato Direttivo e co-autore dell’analisi Clusit. “È urgente che siano ripensate a fondo le logiche di contrasto e mitigazione di queste minacce, e siano messe in campo le risorse necessarie ad impedire che l’adozione sempre più spinta e capillare dell’ICT, di per sé auspicabile, possa trasformarsi in un boomerang sul piano geopolitico, sociale ed economico”.

“I dati presentati oggi ci mostrano ancora una volta che l’accelerazione continua del cyber crime ha un impatto sempre più elevato sulla nostra società”, afferma Gabriele Faggioli, presidente di Clusit. “Lavoriamo a fianco delle istituzioni per promuovere un processo virtuoso di crescita tecnologica, che parta dalla formazione in età scolastica, passando dal supporto delle start up, alla condivisione di sapere e collaborazione tra pubblico e privato, al fine di garantire continuità sociale ed economica”.

Le cause

Il Cyber crime è stato nel 2020 la causa dell’81% degli attacchi gravi a livello globale; le attività di Cyber Espionage costituiscono invece il 14% degli attacchi: diverse attività di questo tipo risultano correlate alle elezioni USA nella seconda metà dell’anno, con tentativi di influenzare l’opinione pubblica da parte di attori interni ed esterni. Operazioni di spionaggio sono state rilevate dagli esperti Clusit anche ai danni di molti enti di ricerca ed aziende coinvolte nello sviluppo dei vaccini contro il Covid-19.

Nel 2020 gli attacchi cyber sono stati messi a segno prevalentemente utilizzando Malware (42%), tra i quali spiccano i cosiddetti Ransomware – una tipologia di malware che limita l’accesso ai dati contenuti sul dispositivo infettato, richiedendo un riscatto – utilizzati in quasi un terzo degli attacchi (29%), la cui diffusione è in significativa crescita (erano il 20% nel 2019), sia in termini assoluti che in termini di dimensioni dei bersagli e di ammontare dei danni.

Seguono le tecniche sconosciute (in riferimento alle quali prevalgono i casi di Data Breach, per il 20%), mentre Phishing & Social Engineering continuano ad essere la causa di una buona parte degli attacchi (15% del totale); si registra inoltre negli ultimi dodici mesi una crescita degli attacchi sferrati per mezzo di vulnerabilità note (+ 10%), precedentemente in calo (-29% nel 2019 rispetto al 2018).

L’impatto della pandemia

Proprio la pandemia ha caratterizzato il 2020 per andamento, modalità e distribuzione degli attacchi secondo gli esperti del Clusit: il 10% degli attacchi portati a termine a partire da fine gennaio è stato a tema Covid-19. In particolare, i cybercriminali hanno sfruttato la situazione di disagio collettivo, nonché di estrema difficoltà vissuta da alcuni settori – come quello della produzione dei presidi di sicurezza (ad esempio, delle mascherine) e della ricerca sanitaria – per colpire le proprie vittime. Diverse operazioni di spionaggio sono state compiute a danno di organizzazioni di ricerca correlate con lo sviluppo dei vaccini.

Nello specifico settore della Sanità, il 55% degli attacchi a tema Covid-19 è stato perpetrato a scopo di cybercrime, ovvero per estorcere denaro; con finalità di “Espionage” e di “Information Warfare” nel 45% dei casi.

Sostanzialmente stabili, invece, negli ultimi 12 mesi, gli attacchi globali appartenenti alla categoria Cyber Warfare – la guerra delle informazioni, che costituiscono il 3% del totale.

I settori target

Tra i settori colpiti da attacchi cyber gravi negli ultimi dodici mesi, spiccano (in ordine decrescente):

  • Multiple Targets: 20% del totale. Si tratta di attacchi realizzati in parallelo verso obiettivi molteplici, spesso indifferenziati, che vengono colpiti “a tappeto” dalle organizzazioni cyber criminali, secondo una logica “industriale”. Gli attacchi verso questa categoria di obiettivi sono tuttavia in calo del 4% rispetto al 2019;
  • Settore Governativo, Militare, Forze dell’Ordine e Intelligence, che hanno subìto il 14% degli attacchi a livello globale;
  • Sanità, colpita dal 12% del totale degli attacchi;
  • Ricerca/Istruzione, verso cui sono stati rivolti l’11% degli attacchi
  • Servizi Online, colpiti dal 10% degli attacchi complessivi.

Sono cresciuti, inoltre, gli attacchi verso Banking & Finance (8%), Produttori di tecnologie hardware e software (5%) e Infrastrutture Critiche (4%). Gli esperti Clusit hanno inoltre registrato nel corso degli ultimi dodici mesi un incremento di attacchi veicolati tramite l’abuso della supply chain, ovvero tramite la compromissione di terze parti, il che consente poi a criminali e spie di colpire i contatti (clienti, fornitori, partner) dell’obiettivo, ampliando notevolmente il numero delle vittime e passando più facilmente inosservati.

La geografia degli attacchi

Gli attacchi classificati dai ricercatori di Clusit si sono verificati nel 47% dei casi negli Stati Uniti; nel 22% dei casi in località multiple, a dimostrazione della capacità degli attaccanti di colpire in maniera diffusa bersagli geograficamente distanti e/o organizzazioni multinazionali. In Europa gli attacchi sono aumentati negli ultimi dodici mesi del 13%, arrivando a rappresentare il 17% degli attacchi globali. Gli eventi di in-sicurezza cyber hanno colpito per l’11% l’Asia, il 2% l’Oceania e l’1% l’Africa.

I dati di Fastweb

All’interno del Rapporto Clusit, Fastweb ha incluso l’analisi dei dati raccolti dal proprio Security Operations Center (SOC) nel corso del 2020. Durante l’anno, l’infrastruttura di rete di Fastweb, costituita da oltre 6,5 milioni di indirizzi IP pubblici, ha registrato oltre 36 milioni di eventi di sicurezza. Si tratta di una cifra in netta flessione rispetto al 2019 (iniziata principalmente dopo il primo trimestre del 2020, in corrispondenza con il lockdown e la remotizzazione del lavoro di molte imprese), a fronte tuttavia di una crescita degli attacchi verso gli endpoint, ovvero i dispositivi dei dipendenti.

La maggior consapevolezza dei rischi legati agli attacchi informatici in periodo di pandemia ha spinto sicuramente le aziende ad innalzare i propri livelli di protezione per garantire la continuità operativa, portando i criminali informatici a modificare in parte i propri obiettivi: sono stati infatti 85.000 gli attacchi indirizzati ai dispositivi personali, raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2019. Il fenomeno si spiega anche considerando che durante il periodo di emergenza molte aziende non sono riuscite a dotare i propri dipendenti di laptop aziendali, con conseguente utilizzo di dispositivi personali, solitamente maggiormente vulnerabili a malware e virus.

L’analisi

Come spiegato da Sofia Scozzari, membro del Comitato Scientifico Clusit e co-autrice della ricerca, “le minacce cibernetiche rappresentano ormai un rischio estremamente serio per Governi, pubbliche amministrazioni, aziende e cittadini. La varietà, la determinazione, la capacità tecnica e in alcuni casi la ‘cattiveria’ degli attaccanti hanno raggiunto livelli inauditi, e impressionano a maggior ragione nel contesto della crisi sanitaria globale che stiamo vivendo”.

“La crescita straordinaria delle minacce cyber, in particolare nell’ultimo quadriennio, ha colto alla sprovvista tutti gli stakeholders della nostra civiltà digitale, e rappresenta ormai a livello globale una ‘tassa’ sull’uso dell’ICT che arriva a duplicare il valore del PIL italiano stimato nel 2020, considerando le perdite economiche dirette e quelle indirette dovute al furto di proprietà intellettuale. È urgente che siano ripensate a fondo le logiche di contrasto e mitigazione di queste minacce, e siano messe in campo le risorse necessarie ad impedire che l’adozione sempre più spinta e capillare dell’ICT, di per sé auspicabile, possa trasformarsi in un boomerang sul piano geopolitico, sociale ed economico”, ha evidenziato Andrea Zapparoli Manzoni, membro del Comitato Direttivo e co-autore dell’analisi Clusit.

“I dati presentati oggi ci mostrano ancora una volta che l’accelerazione continua del cyber crime ha un impatto sempre più elevato sulla nostra società -, ha aggiunto Gabriele Faggioli, presidente di Clusit – Lavoriamo a fianco delle istituzioni per promuovere un processo virtuoso di crescita tecnologica, che parta dalla formazione in età scolastica, passando dal supporto delle start up, alla condivisione di sapere e collaborazione tra pubblico e privato, al fine di garantire continuità sociale ed economica”.

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Nicoletta Pisanu

Giornalista, collabora da anni con testate nazionali e locali. Laureata in Linguaggi dei Media e in Scienze sociali applicate all'Università Cattolica di Milano, è specializzata in cronaca.

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