La pandemia ha costretto le PMI industriali ad accelerare alcuni aspetti della trasformazione digitale, soprattutto per contrastare il crollo del fatturato, sopperire alle difficoltà nella gestione dell’operatività aziendale e garantire la flessibilità del lavoro, ma soltanto il 14% delle imprese ha adottato un approccio strategico alla digitalizzazione.
È quanto emerge dalla Ricerca “PMI, industria e digitale, la sfida è adesso!” a cura dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano presentata durante il convegno di apertura della 15° edizione della Fiera A&T, Automation & Testing, dedicata a Innovazione, Tecnologie e Competenze 4.0, che si svolge online dal 10 al 12 febbraio 2021.
La ricerca, basata su un campione di 504 osservazioni rappresentative della popolazione di 69 mila PMI manifatturiere nel mese di dicembre 2020, ha sottolineato i punti critici dell’approccio all’adozione del digitale delle piccole e medie industrie manifatturiere italiane, che nel 57% dei casi scelgono gli investimenti in digitale seguendo una visione “tattica”, ovvero con una focalizzazione al digitale su obiettivi specifici e contingenti di efficienza dei processi.
Soltanto una piccola parte del campione (il 14%) dichiara di seguire un approccio strategico nella scelta delle tecnologie digitali su cui investire mentre il 29% delle PMI si avvicina al digitale come reazione a uno stimolo esterno – la crisi Covid o la richiesta di un cliente – con investimenti scarsi limitati a singole attività e processi, su un orizzonte di breve periodo.
Dati che mostrano come, nonostante la spinta accellerativa data dalla pandemia, le piccole e medie imprese italiane non hanno ancora sviluppato una cultura digitale. Tra il 14% delle imprese con una visione strategica, infatti, si trovano realtà più grandi e redditizie, di natura meno familiare, collocate al Nord e con una propensione maggiore all’export.
Indice degli argomenti
Le PMI investono poco in formazione nel digitale
Una scarsa maturità digitale che si evince anche dalle osservazioni in merito a tematiche di formazione e di profili professionali presenti in azienda. Per quanto riguarda la formazione del management legata al digitale, la ricerca evidenzia un aumento dei training svolti (+20% rispetto al 2020) che, tuttavia, nel 35% dei casi non sono programmati con continuità ma avvengono in modo occasionale. Il 17% delle PMI osservate svolge una formazione su tematiche legate al digitale una volta l’anno e soltanto il 15% ogni 6 mesi.
Tra i profili professionali presenti nelle piccole e medie imprese del manifatturiero i più diffusi sono quelli legati alla sicurezza dei sistemi informatici e dei dati, con la figura del responsabile dei sistemi informativi presente nel 42% delle imprese, quella del responsabile della sicurezza informatica nel 34% del campione e la figura del responsabile della protezione dei dati presente nel 28% delle imprese analizzate.
Tra i profili professionali meno presenti nelle imprese ci sono le figure legate all’analisi e all’interpretazione dei dati: il Data Analyst, infatti, è presente soltanto nel 9% delle PMI intervistate, mentre il Data Science soltanto nel 4%. Elevata anche la percentuale di imprese dove non è presente alcun responsabile in tematiche legate all’ICT e al digital (40%), in linea con quanto osservato dall’Istat nell’indagine “Imprese e ICT 2020″, che analizza i comportamenti delle aziende nell’adozione delle tecnologie digitali.
Anche guardando alle soluzioni digitali maggiormente scelte dalle imprese si nota uno scarso interesse per i software di integrazione dei dati, adottati soltanto dal 23% del campione, mentre si registra un aumento nella diffusione dei software gestionali, in particolare per quelli di gestione e archiviazione digitale (76%) e per quelli di amministrazione e controllo delle finanze (AFC, adottati dall’81% delle imprese).
Dalla ricerca emerge anche una scarsa dimestichezza delle PMI manifatturiere con le tecnologie di Industrial IoT in fabbrica: il 65% ammette di non conoscerle, solo il 9% le applica, anche se l’interesse è in aumento. Stessa situazione per l’uso del digitale nei rapporti lungo la Supply Chain, in ampliamento, ma comunque ancora marginale (software 35%, sensoristica 7%). Più positivi i dati relativi all’applicazione nel supporto alle vendite, con un incremento importante nel 2020 dell’utilizzo dell’eCommerce (sia tramite piattaforme proprietarie, sia su canali terzi).
Gli effetti della pandemia sulle PMI: si investe in salute e sicurezza
La diffusione del lavoro da remoto da una parte fa aumentare il rischio percepito e l’esigenza di protezione dei dati portando all’adozione di sistemi avanzati per la sicurezza informatica (38%), dall’altra stimola la crescita dei software in Cloud per gestire le comunicazioni e la collaborazione tra i dipendenti da remoto (39%).
Anche le priorità di investimento digitale per i prossimi 12 mesi mostrano una stretta connessione con necessità contingenti, e si orientano verso soluzioni che consentano di portare avanti il lavoro in sicurezza in situazioni emergenziali: il 34% delle imprese ha infatti dichiarato di voler investire in tecnologie a supporto della salute dei dipendenti sul posto di lavoro.
Uno scenario che conferma dunque la tendenza della maggior parte delle PMI manifatturiere a ragionare e muoversi entro un asse temporale ridotto, che nel lungo periodo non potrà che incidere negativamente sulla loro competitività e capacità di rimanere profittevoli sul mercato.
“Dalla nostra analisi emerge chiaramente come le piccole e medie industrie italiane di fronte a un ritardo già rilevante in termini di digitalizzazione, di processo e di visione, prima della pandemia, non siano riuscite a cogliere durante l’emergenza sanitaria e nell’attuale crisi economica e industriale di portata mondiale, l’opportunità di ridisegnare i propri modelli di business e la propria cultura aziendale secondo una logica liquida. Non basta essere reattivi o tattici, oggi è il momento di essere strategici e per farlo occorre pianificare, agire in rete e cogliere tutte le grandi opportunità offerte dall’innovazione, che non è solo implementazione tecnologica, ma è anche cultura e analisi”, commenta Giorgia Sali, Direttrice dell’Osservatorio Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano.
Competenze strategiche nel digitale e lavoro di squadra, che coinvolga tutto l’ecosistema, dalle istituzioni nazionali agli enti territoriali e associativi fino alle università e centri di formazione: queste le leve fondamentali di cui necessitano le piccole medie industrie manifatturiere italiane per muoversi con successo nel nuovo contesto creato dalla pandemia, in cui la digitalizzazione è ora una scelta obbligata, come spiega Luciano Malgaroli, Fondatore e CEO della Fiera A&T.
“Implementare una linea produttiva, sistematizzare un processo informatizzare un sistema, non significa aver reso la propria impresa 4.0: la vera innovazione, quella che incide pesantemente in termini di competitività sui mercati globali, è data da un modello di azienda caratterizzata da un’identità ibrida, capace cioè di includere il know-how legato all’innovazione degli impianti e dei processi a quello dell’industrial analytics focalizzato alla migliore performance produttiva, ovvero alta qualità, valorizzazione dei dati, razionalizzazione degli sprechi, certificazione in termini di sicurezza e di sostenibilità”, commenta.
Temi che verranno approfonditi nei prossimi giorni della fiera attraverso conferenze e opportunità formative e con spazio alla socialità e all’interattività. I lavori possono essere seguiti attraverso l‘apposito sito.