Imprese e digitalizzazione: le tecnologie avanzate sono ancora poco diffuse, soprattutto tra le PMI

L’indagine dell’Istat sull’utilizzo delle tecnologie digitali e dell’ICT da parte delle imprese italiane nel 2020 ha riscontrato un maggior utilizzo di Internet da parte delle imprese, a fronte però di una diminuzione nel personale esperto in ICT e un calo nel numero di aziende che organizza corsi di formazione in queste tecnologie e in materie informatiche. Ancora poco diffuso, soprattutto tra le PMI, l’utilizzo delle tecnologie più avanzate, quali Intelligenza Artificiale, Big Data e robotica.

Pubblicato il 22 Dic 2020

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Nel 2020 aumenta l’uso del Web da parte delle imprese, anche per far fronte alle restrizioni imposte dalla pandemia, ma soltanto le grandi aziende interagiscono con le tecnologie più avanzate: è quanto emerge dall’Indagine Istat su imprese e ICT nel 2020, che analizza i comportamenti delle aziende nell’adozione delle tecnologie digitali.

L’indagine si basa sui punteggi rilevati dal Digital Intensity Indexl’indicatore composito di digitalizzazione utilizzato per identificare le aree nelle quali le imprese italiane incontrano maggiori difficoltà, attraverso l’analisi di 12 caratteristiche specifiche:

  • internet per almeno il 50% dei dipendenti
  • utilizzo di almeno 3 misure di sicurezza ICT
  • velocità di download della connessione almeno pari a 30 Mbit/s
  • dispositivi Internet mobili per almeno 20% di addetti
  • addetti informati sugli obblighi relativi alla sicurezza ICT
  • ricezione di ordini di vendita online da clienti di altri Paesi europei
  • utilizzo di almeno 1 social media
  • utilizzo di software ERP
  • utilizzo di software CRM
  • utilizzo di social media per almeno 2 finalità
  • valore delle vendite online almeno pari all’1% dei ricavi totali (sul fatturato totale)
  • vendite via web maggiori dell’1% dei ricavi e vendite via web verso consumatori privati (B2C), superiori al 10% del totale delle vendite via web

L’ indice individua 4 intensità digitali in funzione del numero di attività svolte dalle imprese: fino a 3 attività (livello molto basso), da 4 a 6 (livello basso), da 7 a 9 (livello alto), da 10 a 12 (livello molto alto).

Sempre più aziende utilizzano Internet, buona performance del Mezzogiorno

Dall’indagine emerge che nel 2020 gran parte delle imprese con almeno 10 dipendenti ha avuto a disposizione una connessione a banda larga o fissa (97,5%). Cresce il numero di addetti che utilizza un computer connesso a Internet per svolgere il proprio lavoro ( 53,2% rispetto al 49,9% del 2019), un incremento probabilmente dovuto anche alla risposta delle imprese alla pandemia.

Per quanto concerne la velocità di connessione, non si rilevano grandi differenze territoriali. A livello regionale si evidenzia una buona performance delle imprese del Mezzogiorno: Sicilia, Basilicata e Campania si attestano tra le prime 5 regioni per quota di imprese connesse a Internet a velocità di download pari ad almeno 100 Mbps. La quota di imprese connesse con almeno 30 Mbps è pari a circa il 76% nel Mezzogiorno e nel Nord d’Italia, mentre si attesta al 73,2% nelle regioni del Centro.

Persiste, invece, una differenza tra PMI e grandi aziende: le PMI (imprese con 10-249 addetti) connesse a velocità almeno pari a 30 Mbps sono il 75,0%, una cifra che per le grandi imprese sale al 90,5%.

A livello settoriale, le differenze maggiori tra il 2019 e il 2020 si registrano tra le imprese del commercio al dettaglio (dal 48,8% al 58,0%), dell’industria dei prodotti in legno, carta e della stampa (dal 39,1% al 45,5%), seguite da quelle dei settori della ristorazione (dal 21,6% al 26,7%) e della metallurgia (dal 38,0% al 43,2%).

Tra i dati in maggiore crescita ci sono quelli relativi all’adozione dei servizi in cloud, utilizzati dal 59% delle imprese nel 2020 (contro il 23% del 2018) e del numero di aziende che rendono disponibili informazioni sui prodotti e servizi offerti sul proprio sito (dal 34% del 2019 al 55% del 2020).

Resta bassa l’adozione delle tecnologie dell’ICT nelle imprese

L’82% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca a un livello “basso” o “molto basso” d’adozione dell’ICT, non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate dal Digital intensity Index, mentre il restante 18% svolge  almeno 7 delle 12 funzioni, posizionandosi su livelli “alti” o “molto alti” di digitalizzazione.

Il divario maggiore si registra nella presenza di specialisti in ICT tra gli addetti dell’impresa e nell’utilizzo di robotica e di servizi cloud di livello medio alto. Inoltre, per alcuni degli indicatori (come robot e stampa 3D) si riscontra una presenza significativa solo per livelli più alti dell’Index, mentre altri vengono utilizzati anche in corrispondenza di un numero più limitato di attività adottate (ad esempio la fatturazione elettronica).

Infatti, le attività relative alle innovazioni tecnologiche più avanzate ricorrono principalmente nelle imprese che hanno già adottato almeno 5 delle altre attività analizzate dall’Index e che sono quindi connesse soprattutto a gradi di digitalizzazione alti e molto alti.

Anche in questo ambito si registrano differenze in base alla dimensione e alla complessità aziendale: mentre la quota di piccole imprese coinvolte nelle diverse attività digitali cresce fino all’adozione di 5 attività per poi ridursi rapidamente, la quota delle grandi imprese raggiunge il suo massimo intorno alle 8 attività, per poi registrare una diminuzione.

Scende anche la quota di aziende che impiegano specialisti dell’ICT, (dal 16,0% al 12,6%) mentre si conferma la presenza di specialisti informatici tra il personale delle imprese con almeno 250 addetti (72,0%, dal 73,1% nel 2019).

Sebbene le imprese di maggiore dimensione siano anche le più attive nell’assumere o provare ad assumere specialisti ICT, anche per loro si registra una contrazione di quelle che, nel 2019, hanno reperito o cercato di reperire personale specializzato (dal 38,4% del 2018 al 36,3%) e si attesta al 17,3% la percentuale di imprese con almeno 250 addetti che dichiarano di aver avuto difficoltà a coprire posti vacanti per addetti con competenze informatiche (ovvero il 47,8% di quelle che hanno provato ad assumerli o li hanno assunti).

Inoltre, il 63,0% delle imprese dichiara di aver utilizzato nel 2019 personale esterno per la gestione di attività legate all’ICT, quali manutenzione di infrastrutture, supporto e sviluppo di software e di applicazioni web, gestione della sicurezza e della protezione dei dati. Una tendenza che è più diffusa nelle grandi aziende rispetto alle PMI (79% contro il 61,7%).

Dato negativo anche per la formazione relativa all’ICT nelle aziende: nel 2019, infatti, la percentuale delle imprese con almeno 10 addetti che ha organizzato corsi di formazione per sviluppare o aggiornare le competenze ICT dei propri dipendenti scende al 15,5% dal 19,4% nel 2018, mentre il dato è del 59,6% tra le grandi imprese.

Scende molto, dal 16,3% all’11,7%, anche la quota di imprese con almeno 10 addetti che hanno svolto corsi di formazione informatica rivolti a personale senza competenze specialistiche in ICT. Le attività economiche nelle quali si evidenzia maggiore attenzione anche questo tipo di formazione, sono quelle legate al settore delle telecomunicazioni (39,4%), dell’informatica e altri servizi d’informazione (34,2%). Seguono le attività editoriali (27,4%), le attività professionali, scientifiche (21,9%) e quelle dei servizi delle agenzie di viaggio (19,1%).

Solo 8 imprese su 100 utilizza strumenti di Intelligenza Artificiale

L’indagine per il 2020 ha preso in considerazione anche l’adozione di strumenti di Intelligenza Artificiale da parte delle imprese, come l’utilizzo di chatbot nei rapporti via Internet con la clientela, di robot di servizio autonomi e capaci di interagire con le persone e dei metodi di analisi di big data quali l’apprendimento automatico, il riconoscimento vocale, l’elaborazione del linguaggio naturale.

L’adozione di queste tencologie rimane ancora poco diffuso in Italia, soprattutto nelle PMI: soltanto il 7,6% ha dichiarato di utilizzarne almeno 1 strumento di AI nel 2019, mentre nelle grandi imprese la quota sale al 26,3%.

Soltanto l‘8,8% delle imprese con almeno 10 addetti usa robot industriali multiuso e riprogrammabili che si muovono almeno su 3 assi o di servizio (8,7% nel 2018). Sono più diffusi i robot industriali (6,7%) rispetto a quelli di servizio (3,1%): i primi sono adottati maggiormente tra le imprese che operano nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (26,2%), di mezzi di trasporto (25,5%) e di apparecchiature elettriche e/o per uso domestico (20,9%).

Contrariamente, i robot di servizio sono utilizzati (ad esempio per la sorveglianza, il trasporto, la pulizia) soprattutto dalle imprese attive nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica (9,1%), nelle industrie alimentari (8,8%) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (7,8%).

Ancora poco diffuso anche l’utilizzo dei big data, la cui analisi ha riguardato circa un quarto delle imprese (e solo il 6,2% delle PMI). Nel dettaglio, l’8,6% delle imprese con almeno 10 addetti dichiara di aver analizzato nell’anno precedente grandi quantità di informazioni ottenute da fonti di dati proprie o da altre fonti, attraverso l’uso di tecniche, tecnologie o strumenti software. I big data vengono analizzati dalle imprese soprattutto internamente (7,4%) mentre il 2,8% esternalizza i servizi di analisi.

I dati più analizzati internamente sono generati dai social media (46,5% delle imprese), che vengono analizzati internamente soprattutto dalle imprese di ristorazione (99,2%), commercio di autoveicoli (86,9%) e servizi ricettivi (85,0%).

Seguono, per utilizzo, i dati che si basano su informazioni di geolocalizzazione derivanti da dispositivi portatili (45,3% delle imprese) e dai dati  estratti dai dispositivi intelligenti e sensori digitali (31,1% delle imprese), che sono maggiormente utilizzati dalle imprese dei settori del trasporto e magazzinaggio (93,7%), dei servizi postali e attività di corriere (76,7%) e nel settore delle costruzioni (72,5%).

Più utilizzati dalle imprese, invece, sono gli oggetti connessi (IoT): il 23,1% delle imprese con almeno 10 addetti li ha utilizzati nel 2020. Tra queste, l’uso più frequente riguarda dispositivi, sensori intelligenti, tag RFDI o telecamere controllate da Internet per migliorare il servizio clienti (35,7%) e per ottimizzare il consumo di energia nei locali (32,5%).

Tali strumenti sono utilizzati soprattutto nel settore dell’energia (35,8%), in alcune attività manifatturiere come nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (34,9%) e nelle industrie alimentari (27,0%). Nel settore dei servizi, in cambio, sono diffusi maggiormente nei servizi di postali (39,0%), nelle telecomunicazioni (32,0%) e nel trasporto e magazzinaggio (29,5%; Figura 3.a).

Le imprese che hanno adottato la stampa 3D nei processi produttivi, direttamente o tramite servizi forniti dall’esterno, sono il 4,7% (4,4% nel 2018). Il suo utilizzo è funzionale soprattutto alle imprese di maggiore dimensione (14,7%, contro il 3,9% delle imprese più piccole) e a quelle manifatturiere, soprattutto per le imprese della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (40%), della fabbricazione di mezzi di trasporto ( 27,6%) e della fabbricazione di apparecchiature elettriche per uso domestico (15,4%).

Boom delle piattaforme digitali per la vendita nella ristorazione

In forte aumento l’utilizzo delle piattaforme digitali per la vendita di beni nel settore della ristorazione: nel 2018 le aziende che ricorrevano a questi servizi erano il 62,9%, un dato che è salito al 99, 4% nel 2019. Per le altre aziende, l’utilizzo si attesta complessivamente al 76,8% per app e siti d’impresa e al 64,3% per l’utilizzo di emarketplace o app di intermediari utilizzati da molteplici imprese. Tra le imprese che vendono online tramite siti web o app di un intermediario, il 37,0% ha dichiarato di avvalersi di un solo emarketplace mentre il 63,0% utilizza due o più canali.

In termini economici l’84,4% delle vendite deriva da ordini ricevuti su canali propri e il restante 15,6% da quelli connessi a intermediari digitali. In controtendenza rispetto ai totali nazionali emergono il settore delle costruzioni e della fabbricazione di computer, nei quali circa il 91% dei ricavi via web proviene da vendite effettuate tramite piattaforme digitali, seguono le imprese della ristorazione (64,2%, dal 36,0% nel 2018) e quelle del settore ricettivo (62,6%, 60,6% nel 2018).

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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