La ripresa arriverà solo nel 2023, con il rischio di un danno strutturale all’economia se non si interviene per mitigare alcuni fattori, come l’aumento del prezzo delle materie prime: questo lo scenario, tutt’altro che rassicurante, che emerge dall’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica, giunta alla sua 156ª edizione.
“Se la situazione pandemica fosse migliorata, potevamo aspettarci una crisi con una forte caduta e un’altrettanto forte ripresa. Tuttavia, vista la situazione, ci aspettiamo che la ripresa sarà lenta e torneremo ai livelli pre-crisi verso la fine del 2023, ma più probabilmente nel 2024″, commenta Angelo Megaro, Vice Direttore di Federmeccanica.
Una crisi che si è giunta a termine di quello che era stato un anno difficile, il 2019, dove il settore si trovava a fare i conti con la recessione iniziata nel 2018. “Il 2020 sarà un anno che lascerà segni e cicatrici profonde”, sottolinea il Vice Presidente di Federmeccanica, Fabio Astori, che parla di risultati “mai così negativi dal secondo dopoguerra“.
Nei primi 9 mesi dell’anno il bilancio dell’attività metalmeccanica risulta pesantemente negativo: i livelli di produzione sono stati, infatti, inferiori del 17,9% rispetto al periodo gennaio-settembre 2019. Un risultato peggiore rispetto all’intero comparto industriale, che ha segnato un -14,0%.
Il rimbalzo produttivo registratosi nel terzo trimestre non è stato sufficiente a tornare ai livelli pre-crisi: i volumi realizzati sono stati insufficienti a compensare le perdite subite e si sono confermati inferiori di oltre 5 punti percentuali rispetto ai livelli pre-pandemici.
Il calo è diffuso a tutti i settori del comparto, con la produzione di autoveicoli e rimorchi che registra la flessione più significativa in termini tendenziali: – 30,7% rispetto al periodo gennaio – settembre del 2019. In calo anche la produzione di computer, radio TV, strumenti medicali e di precisione che, con una flessione del 9%, si conferma essere il comparto meno colpito.
A preoccuapre è anche la dinamica del settore di produzione di macchine e apparecchi meccanici, che nel periodo gennaio – settembe 2019 ha registrato un calo del 17,9% rispetto allo stesso periodo del 2019. Se a settembre la flessione è stata dell’8,5% (rispetto ai livelli di settembre 2019), Megaro ha confermato che i dati di ottobre non lasciano sperare in una ripresa nel breve periodo.
A influire negativamente è sia la forte contrazione della domanda interna, che la flessione della domanda mondiale. Nell’export il settore metalmeccanico ha registrato, nei primi 9 mesi dell’anno, una contrazione media dei valori di fatturato esportato pari al 13,2%, mentre le importazioni si sono ridotte del 15,6%.
In particolare, preoccupa il crollo dei flussi di prodotti metalmeccanici diretti verso i principali partner europei, quali la Germania (-12,8% rispetto a gennaio-settembre 2019), la Francia (-17,6%), ma anche il Regno Unito (-17,0%) e la Spagna (-23,4%).
Una situazione che continuerà nel breve periodo. Secondo il Fondo Monetario internazionale, infatti, nel 2020 la domanda mondiale diminuirà di oltre 10 punti percentuali. A risentire di questa situazione è in particolar modo il comparto di produzione delle macchine e attrezzature.
I risultati dell’indagine congiunturale di Federmeccanica lasciano presupporre per l’ultima parte dell’anno una
brusca frenata della fase espansiva osservata nel corso del trimestre estivo, anche a causa del nuovo peggioramento della pandemia: il 44% degli intervistati, infatti, si è dichiarato insoddisfatto del proprio portafoglio ordini, il 27% prevede cali di produzione e il 19% prevede una riduzione della propria forza lavoro nei prossimi mesi.
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Magaro: “Situazione occupazionale peggiore di quello che mostrano i dati”
Per quest’ultimo punto, Megaro sottolinea che nell’analizzare i dati attualmente a disposizione va preso in conto il blocco dei licenziamenti e che una volta finita questa fase i numeri sono destinati a peggiorare. Non positive anche le prospettive future per il saldo occupazionale.
“Dopo l’impatto fortemente negativo del primo trimestre, abbiamo ancora un 19% di imprese nel terzo trimestre che pensa di dover ridurre la propria forza lavoro e un 10% che pensa di doverla aumentare. Tuttavia, complessivamente il saldo è -10%, peggiore addirittura del -9% del secondo trimestre”, commenta.
Valutazioni piuttosto ottimistiche, sottolinea il Vice Direttore di Federmeccanica, che non permettono di fare previsioni attendibili. “Con una CIG che riguarda 600 mila lavoratori a tempo pieno, con prospettive economiche che dicono che non raggiungeremo i livelli attuali se non nel 2023, è molto difficile dire che la situazione si risolverà nel giro di un anno”, commenta.
Franchi: “Se la metalmeccanica non si riprende, non si riprende il Paese”
All’interno di questo scenario, la proposta di Federmeccanica per un nuovo Contratto di lavoro vuole significare un segnale di fiducia, spiega il Vice Direttore Stefano Franchi.
“Una proposta organica, che punta sulla qualità e sul miglioramento delle condizioni dei lavoratori, facendo tanti passi in avanti su tutti i temi del Contratto del 2016 e non solo. La Riforma dell’Inquadramento completa l’opera e guarda al futuro, dà valore al lavoro riconoscendone la qualità. Abbiamo dato dimostrazione, con i fatti, che vogliamo fare il Contratto. Un Contratto ‘per’ il lavoro, che sia sostenibile, calato nella realtà e in continuità con il Rinnovamento”, commenta.
Di sostenibilità e innovazione parla anche il Vice Presidente Astori, che insiste sull’importanza di puntare su interventi strutturati.
“Abbiamo bisogno di innovazione sui prodotti, sul processo produttivo, di internazionalizzazione e di una rivoluzione digitale vera, che ci consenta di produrre e di produrre bene, e di essere competitivi ripetto ai prezzi del mercato cinese e russo. Occorrerebbe riattivare quei strumenti di cui disponevamo fino a 20 – 30 anni fa dal punto di vista di erogazione del denaro, con finanziamenti agevolati anche a fondo perduto, con i dovuti controlli”, aggiunge.
Ma non si può guardare al futuro senza intervenire sui problemi che si stanno palesando nel presente, sottolinea Astori, riferendosi alla speculazione sul prezzo delle materie prime strategiche. “Non torneremo a una pseudo normalità prima della fine del 2022 – 2023, sempre che non si aggiungano alla situazione attuale ulteriori problemi, che si stanno ora palesando, come il mancato controllo dei prezzi della materia prima nel mondo”.
Un problema che, se non affrontato tempestivamente, rischia di sommarsi alle difficoltà che il settore sta vivendo a causa dell’incertezza sui tempi di risoluzione della pandemia. Il rischio di danni strutturali è alto, avverte Federmeccanica, e “se la metalmeccanica non si riprende, non si riprende nemmeno il Paese”, sottolinea Franchi.
Il documento completo
Per maggiori dettagli e tutti i dati dell’Indagine di Federmeccanica, consultare il testo completo, disponibile in Pdf.
Federmeccanica_156 Indagine Congiunturale_sintesi per la stampa