Il 5G è indubbiamente la tecnologia più chiacchierata del momento, spesso però discussa senza le necessarie conoscenze scientifiche. Che cos’è veramente e come funziona il 5G? Per rispondere alle domande più comuni, esponenti del CNIT (Consorzio Nazionale Italiano per le Telecomunicazioni), del GTTI (Gruppo Telecomunicazioni e Tecnologie dell’Informazione) e del SIEm (Società Italiana di Elettromagnetismo), con il contributo del professor Boggia del Politecnico di Bari, hanno redatto un documento che chiarisce funzioni e vantaggi; e fa un po’ di sana e scientifica chiarezza.
Il 5G è la nuova generazione della rete globale di telecomunicazioni e rappresenta un’importante evoluzione, in termine di prestazioni, rispetto alle tecnologie precedenti. Non solo: il 5G continua un percorso di miglioramento della rete per velocità di trasmissione, numero di utenti serviti in una determinata area geografica e diminuisce la probabilità di ritardi della comunicazione riducendoli quasi a 1 ms. L’avvento di questa tecnologia comporta anche l’implementazione di nuove tipologie di rete, non possibili precedentemente. Ad esempio, sarà possibile creare una connessione di rete veloce (con ritardi ridottissimi) utile negli interventi chirurgici a distanza. O ancora: applicandolo all’industria, il 5G apre le porte alla possibilità di connettere tanti sensori e attuatori in un ristretto spazio fisico. O, infine, più semplicemente, allo stadio, aiutando lo spettatore a rivedere un’azione da altre angolazioni, anche in realtà aumentata.
Usando tutte e tre le bande di frequenza, da quella bassa a quella elevata (quindi fino a circa 26-27 GHz), il 5G risulta applicabile – come abbiamo visto – a più campi, apportando un beneficio importante per l’efficienza della comunicazione. Ulteriori applicazioni innovative – oltre all’industria, la medicina e l’informazione – sono già state ipotizzate e studiate: come la gestione del traffico nelle grandi città che si dirigono verso un futuro sempre più smart; oppure la gestione sia del trasporto che dell’energia pubblica. Senza contare, infine, servizi in realtà aumentata per i turisti.
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I dubbi sulle emissioni
Eppure, i dubbi su questa nuova – ma agli occhi di tutti, potente – tecnologia non sono pochi. Gli interrogativi più diffusi sono relativi alla salute degli individui esposti ai campi magnetici. Su questo punto il documento offre una spiegazione tecnica. Secondo il DPCM dell’8 luglio del 2003 i livelli minimi di esposizione della popolazione a sorgenti radiotelevisive e telecomunicazioni devono essere modulati su un intervallo di sei minuti. Questo limite è valido per tutte le trasmissioni nel range di frequenze 100 kHz – 300 GHz, quindi per tutti i sistemi radio 3G/4G/5G. Inoltre, esiste anche un istituto che monitora le emissioni in termini di campi magnetici, ed è l’Arpa, cioè le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale.
Tuttavia, benché il controllo delle emissioni sia necessario, per l’Organizzazione Mondiale della Sanità il rischio dell’esposizione è comunque minimo. In un recente documento la letteratura attuale dimostra come non ci sia alcun collegamento causale tra l’insorgenza di effetti sulla salute e l’esposizione a campi elettromagnetici generati dalle tecnologie senza fili. L’unico e principale effetto constatato sull’uomo è il riscaldamento (trascurabile) dei tessuti. In ogni caso è importante ricordare che l’OMS sta conducendo una valutazione dei rischi dovuta all’esposizione a radiofrequenze, i cui risultati saranno disponibili entro il 2022.
Le preoccupazioni per l’ambiente e la sicurezza
Non mancano le preoccupazioni per l’ambiente. Ma nei punti 11, 12, e 13, gli autori spiegano che l’unica vera emissione che comporta l’implementazione del 5G è la creazione di nuovi dispositivi che poi dovranno un giorno essere smaltiti.
C’è poi la necessità di un maggiore impegno da parte di produttori di apparati e sistemi e di operatori per far sì che queste complesse reti non diventino un ulteriore veicolo per attacchi cyber.
Tra le convinzioni da scoraggiare vi è anche la connessione tra il 5G e il Coronavirus. Ad oggi – spiegano gli esperti – non ci sono evidenze scientifiche che ne possano confermare la relazione causale. E oltre agli autori, anche l’OMS sottoscrive l’inesattezza dell’accostamento, vista anche la diffusione del Covid-19 in Paesi in cui non è presente alcuna antenna 5G.
In generale – osservano gli studiosi – gli effetti sulla salute dovuti all’esposizione ai campi elettromagnetici generati da apparati 5G sono un tema di grande interesse, che richiede competenze scientifiche approfondite e trasversali. I social media sono uno strumento potente di condivisione delle informazioni ed è quindi naturale che i rischi per la salute da esposizioni al 5G siano uno degli argomenti maggiormente discussi su queste piattaforme. È tuttavia molto importante verificare l’autorevolezza delle informazioni, che in generale devono essere fornite da organismi sovranazionali (quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità) o nazionali (quali Istituto Superiore di Sanità e/o ARPA).