Il trasferimento tecnologico è quella preziosa attività che ha l’obiettivo di collegare il mondo della ricerca e dell’innovazione, cioè il “luogo” in cui le tecnologie si evolvono e si rinnovano, a quello dell’impresa, cioè l’ambito in cui queste tecnologie possono dare il loro contributo in termini di competitività e produttività. A occuparsi di questa importantissima funzione in Italia sono, solo per la parte legata al mondo delle tecnologie 4.0, tantissimi soggetti: il nuovo Atlante I4.0 del Ministero dello Sviluppo Economico ne conta 675, dai Competence Center ai Digital Innovation Hub delle varie sigle, ai PID fino ai centri privati.
Questa frammentazione – vale la pena dirlo subito – non giova all’efficacia: un nodo, questo, che viene al pettine nel momento in cui le tecnologie digitali diventano sempre più importanti. Perché “se la tecnologia accelera, il trasferimento tecnologico deve diventare più veloce”, come sostiene Marco Taisch, professore del Politecnico di Milano e Presidente del Made, uno degli otto centri di competenza italiani, che in queste settimane è al lavoro sui numerosi temi che coinvolgono proprio l’ecosistema del trasferimento tecnologico in Italia: dalle risorse stanziate dal Governo nel susseguirsi di decreti avvenuto durante la fase emergenziale, a quelle che verranno messe a disposizione dalla Commissione Europea nell’ambito del bilancio pluriennale 2021-2027.
Di queste ultime, quasi un miliardo (ma la cifra non è ancora ufficiale) sarà dedicato alla nascita degli European Digital Innovation Hub, i poli europei di innovazione che l’Europa ha individuato come soggetti incaricati di trasferire i risultati della ricerca (ma anche le risorse comunitarie) dedicati al trasferimento tecnologico nei vari territori degli Stati membri.
Per poter aspirare a diventare uno European Digital Innovation Hub, i numerosi soggetti che in Italia si occupano di trasferimento tecnologico dovranno aggregarsi e formulare proposte in linea con la pre-selezione nazionale appena lanciata dal Ministero dello Sviluppo Economico guidato da Stefano Patuanelli. Al termine della pre-selezione (le proposte possono essere inviate fino al prossimo 24 settembre), l’Italia selezionerà i candidati che potranno partecipare alla call europea.
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La partita degli European Digital Innovation Hub
“Gli European Digital Innovation Hub sono soggetti che prendono i risultati della ricerca, li sistematizzano e, dopo aver compreso i bisogni delle imprese, li trasferiscono verso queste ultime affinché le usino per le loro implementazioni”, spiega Taisch. “Questo avviene attraverso l’orientamento e la formazione, ma anche mettendo a disposizione spazi, attrezzature, live demo dove le tecnologie possono essere viste e toccate con mano oltre ad essere testate in ambienti protetti che replicano la linea di produzione”.
Come si diceva, in Italia il trasferimento tecnologico è affidato a diverse strutture (gli otto Competence Center, i Digital Innovation Hub, i Punti Impresa Digitale ecc.). Un ecosistema da ben 675 elementi che oggi è chiamato a organizzarsi (tramite la creazione di consorzi) per rispondere ai criteri fissati dalla Commissione Europea per diventare un polo di innovazione così come definito dall’UE (devono ad esempio dedicarsi all'”area geografica di riferimento” oppure focalizzarsi su almeno una tecnologia di frontiera come IA, Cybersecurity o High Performance Computing). Queste regole sono state già specificate nel bando italiano di preselezione, che abbiamo descritto qui.
L’esigenza di focalizzarsi su almeno una delle tre “tecnologie avanzate” (Intelligenza Artificiale, Cybersecurity e High Performance Computing) è accolta con favore dal Presidente del Competence Center Made, che ne individua la ragione nella “necessità di diffusione” di queste tecnologie di frontiera. Se da una parte, infatti, “tecnologie come IoT e Cloud sono forse più conosciute, anche se non diffuse come dovrebbero, in un piano che guarda ai prossimi 7 anni bisogna è giusto rivolgersi alle nuove tecnologie”, continua. Anche perché nel bando di preselezione si fa comunque riferimento a tutte le altre tecnologie abilitanti come IoT, Cloud ecc.
Se l’importanza dell’Intelligenza Artificiale e della Cybersecurity è un tema di cui si discute anche nel mondo dell’impresa, meno conosciute sono le potenzialità offerte dal calcolo ad alte prestazioni. “Il dato sarà la risorsa vincente come fattore produttivo”, spiega Taisch. “Dobbiamo fare un salto logico concettuale: dai concetti di capitale, lavoro e materie prime alla dimensione dei dati e delle informazioni. Affinché queste ultime siano elaborate da algoritmi efficienti e dai sistemi di sicurezza, serviranno grandi quantità di potenza di calcolo. È chiaro che la PMI non potrà dotarsi di sistemi del genere ma dovrà acquisire servizi di elaborazione dei dati che qualcuno andrà a fornire. Diffondere questa cultura è fondamentale perché i processi di adozione sono abbastanza lenti ma non possono essere ritardati”.
Anche il Ministero dello Sviluppo Economico sta lavorando per ideare un meccanismo di incentivazione (anche fiscale) all’adozione delle tecnologie di frontiera da parte delle imprese. Il Piano Impresa 4.0 Plus (così è stato chiamato dal Ministro Patuanelli), sebbene non ne siano ancora disponibili i dettagli, è per Taisch un ulteriore passo verso l’obiettivo: “rimettere al centro degli investimenti e della comunicazione le tecnologie di Industria 4.0, in un grande progetto culturale di impresa di cui c’è forte bisogno”. Serve infatti un “grande piano industriale dove ognuno fa la sua parte: il Governo così come l’impresa e il mondo della ricerca e dell’innovazione”.
“Sono convinto che parlarne quotidianamente crea molto più impatto di una forma di incentivo fiscale, comunque necessario”, continua Taisch. “Vorrei vederne parlare più spesso sui nostri giornali in modo da essere pronti per ripartire dopo l’emergenza”.
Il trasferimento tecnologico in Italia va riorganizzato?
“La frammentazione dell’ecosistema del trasferimento tecnologico in Italia è il risultato di iniziative non coordinate che negli anni si sono sovrapposte”, continua Taisch. “Tra le 675 strutture bisogna vedere quelle che hanno la capacità di scaricare a terra l’innovazione, anche grazie alla capacità di effettuare investimenti significativi. In questa galassia infatti ci sono soggetti molto diversi tra di loro”.
Sulla struttura del trasferimento tecnologico in Italia ci sono anche voci critiche: Marco Bentivogli, ex Segretario della Fim-Cisl, ha ad esempio proposto assieme ad Alfonso Fuggetta, professore ordinario del Politecnico di Milano e Amministratore Delegato di Cefriel, di riorganizzarla creando una “Rete Nazionale dell’Innovazione” guardando al modello dei Fraunhofer tedeschi. La proposta è quella di creare una rete diffusa che garantisca la creazione sul territorio di ecosistemi in cui l’innovazione tecnologica sia trasmessa in maniera più efficace e soprattutto più omogenea, a prescindere dalle dimensioni (e dalle capacità) dell’impresa che richiede questi servizi.
“Quando abbiamo ideato il sistema dei Competence Center siamo andati negli altri Paesi – come Germania e Regno Unito – per capire come venivano organizzate le strutture equivalenti per il trasferimento tecnologico”, spiega Taisch. “Il modello dei Competence Center italiani è la sintesi di quello che fu ritenuto più adeguato per il sistema industriale italiano. Proprio come i Fraunhofer tedeschi, i Competence Center sono coordinati tra loro e collaborano quotidianamente con i Pid, i Digital Innovation Hub di Confindustria ecc. Probabilmente ne servirebbero di più ma ricordo che siamo partiti solo con 72 milioni di euro stanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico”.
Se da un lato si discute sull’esigenza di organizzare il vasto ecosistema italiano dedicato al trasferimento tecnologico, dall’altro questo settore ha da poco “accolto” una new entry: si tratta della Fondazione Enea Tech, il nuovo soggetto (creato con il decreto Rilancio) che dovrà gestire l’appena nato “Fondo per il trasferimento tecnologico” da 500 milioni, pensato per promuovere investimenti e iniziative in materia di ricerca e sviluppo e trasferimento tecnologico a favore delle imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up innovative e alle PMI innovative.
“Ogni volta che si crea un nuovo soggetto che parte da zero serve poi del tempo perché vada a regime e io non credo che ne abbiamo molto a disposizione”, dice Taisch. “La tecnologia accelera e il trasferimento tecnologico ha bisogno di arrivare in modo molto veloce sul territorio”, prosegue. “Trovo corretto investire e avere un piano organico di investimenti per il trasferimento tecnologico, ma creare ogni volta nuovi soggetti che se ne occupino non è la strategia più indicata. Avrei preferito che le risorse venissero messe a disposizione dei soggetti già deputati a fare attività di trasferimento tecnologico, potenziando quello che già esiste”.
Le prossime tappe del Competence Center Made
Gli otto competence center italiani si avviano ormai verso il pieno funzionamento. Per quanto riguarda il Made, Taisch conferma che è prevista la partecipazione alla pre-selezione italiana per i soggetti da candidare come European Digital Innovation Hub in sede europea. Il Made, che ha sede a Milano, ha deciso di organizzarsi guardando al territorio lombardo.
“Abbiamo deciso di avere una focalizzazione regionale, rifacendoci alla natura degli European Digital Innovation Hub”, spiega Taisch. “Vogliamo creare una aggregazione che ruoti intorno alle 4 dimensioni di questo soggetto: il ‘test before invest’ (area di demo center infrastrutturale), l’area delle competenze e della formazione, quella di costruzione di un ecosistema dell’innovazione (aggregando soggetti già presenti sul territorio: i Digital Innovation Hub lombardi, i Pid, la CNA, Confartigianato, Confcommercio, la Compagnia delle Opere, i cluster regionali di alcuni settori strategici come Afil), e infine l’area legata ai finanziamenti, per cui farà parte dell’aggregazione anche una grande banca nazionale. Inoltre il supporto della Regione come amministrazione pubblica è fondamentale perché tutto questo sistema va allineato con le strategie di specializzazione delle diverse Regioni”.
Per quanto riguarda invece la realizzazione della sede del Competence Center, il calendario dei lavori ha subito il rallentamento provocato dall’emergenza Covid-19. “I lavori di ristrutturazione della sede di Made sono finiti, sono già arrivate le prime macchine e nel giro di qualche settimana avremo un buon 80% dell’infrastruttura tecnologica”, dichiara Taisch. “Le attività sono già iniziate da tempo sia per la formazione che con l’erogazione dei bandi: contiamo di inaugurare la struttura per novembre 2020”.
Infine, in qualità di Presidente del Comitato Scientifico del World Manifacturing Forum, Taisch ha confermato che l’evento 2020 si terrà l’11 e il 12 novembre, seppur “in una forma che dovrà tener conto della sicurezza sanitaria”. Sono previsti infatti incontri e attività in presenza (il luogo sarà deciso in questi giorni) affiancati da forme di erogazione dei contenuti a distanza.
L’intervista
Qui potete rivedere l’intervista in video su YouTube. Sotto vi lasciamo anche la possibilità di ascoltarlo in Podcast.