La produzione industriale continua a risalire ma, nonostante il recupero che prosegue mese dopo mese (giugno ha guadagnato un 3,9% su maggio), il baratro dal colmare resta ancora molto alto con un gap rispetto allo scorso anno che si attesta al -18,9% su giugno 2019 e un calo del 21,6% sul trimestre precedente.
A questo si aggiunge un freno all’export verso paesi come gli Usa e Sud America, ma anche un rallentamento dei consumi interni sui quali incide la paura di nuovi contagi nei prossimi mesi. Restano, infine, i timori sull’occupazione che spingono le famiglie al risparmio e che contribuiscono a un clima di fiducia di famiglie e imprese ancora abbastanza basso, che rischia di vanificare le misure di sostegno messe in atto dal governo. È questa, in estrema sintesi, la fotografia che arriva dall’indagine rapida sulla produzione industriale, messa a punto dal Centro Studi Confindustria.
Indice degli argomenti
Calano gli ordini e diminuisce l’attività nell’industria
Leggendo i dati raccolti nei due mesi di rilevazione il Centro Studi Confindustria rileva una diminuzione degli ordini in volume, che sono calati del 34,6% annuo in giugno (+6,3% sul mese precedente) e del 48,5% in maggio (+13,7% su aprile). Dopo la riapertura delle attività industriali e dei servizi a partire da maggio, l’aumento della domanda – benché ancora modesto – ha comunque attivato un recupero dell’offerta che nei due mesi della rilevazione è stato significativo in termini percentuali. I livelli, invece, restano notevolmente depressi e lontani da quelli pre-Covid (-21,4% l’indice di produzione rispetto a gennaio). Nel secondo trimestre l’attività nell’industria è stimata diminuire del 21,6%, in netto peggioramento rispetto all’andamento registrato nel primo (-8,4% sul quarto 2019).
Soffre ancora l’export ma sulla domanda interna pesa il rischio di ricaduta
I dati dell’indagine rapida hanno evidenziato anche una significativa differenza della performance per tipologia di impresa: quelle con un’elevata propensione all’export, con una quota di fatturato esportato maggiore del 60%, hanno evidenziato un recupero più lento rispetto a quelle più orientate sul mercato interno. Tendenza che è giustificata dalla diversa tempistica nella diffusione del virus nel resto del mondo. A causa di questo situazione, quindi, la domanda di prodotti italiani si è interrotta o si è notevolmente ridimensionata nei partner commerciali che stanno attraversando la fase acuta della pandemia e che sono, in particolare, USA e Sud America.
Discorso differente per quanto riguarda la domanda interna dove il recupero, dovuto alla riapertura delle attività, è soffocato da un’estrema incertezza sui tempi di uscita dalla crisi sanitaria in Italia. I dati recenti sono positivi, nonostante i timori legati alle riaperture, tuttavia, l’esplosione di alcuni focolai in diverse regioni e nuove misure restrittive nei Paesi che erano già stati duramente colpiti dal virus, accrescono la paura di un possibile peggioramento della crisi sanitaria dopo l’estate. E questo accentua negli operatori economici, sia famiglie che imprese, un atteggiamento prudenziale nella gestione dei bilanci. Una cautela già evidente sin dal primo trimestre, che continua a frenare consumi e investimenti.
Le preoccupazioni per il lavoro spingono le famiglie al risparmio
A gonfiare il risparmio precauzionale delle famiglie – spiega il centro studi di Confindustria – si aggiungono anche le preoccupazioni sulle prospettive del mercato del lavoro, in forte peggioramento negli ultimi mesi. Questa tendenza è confermata dai recenti dati ISTAT sull’andamento del tasso di risparmio delle famiglie, nel primo trimestre aumentato di quasi 5 punti, che ha ormai raggiunto il 12,5% del reddito disponibile. Il tasso di investimento delle imprese – misurato dalla quota di investimenti fissi sul valore aggiunto – è invece sceso al 20,9% (da 21,3% nel quarto trimestre 2019). I recenti dati sull’andamento della fiducia, seppure in graduale miglioramento, evidenziano un generale pessimismo (specie tra le imprese dei servizi), nonostante i numerosi provvedimenti finora introdotti.
La scarsa fiducia di famiglie e imprese mette a rischio la ripartenza
L’indice di fiducia delle famiglie in giugno è ancora 10 punti inferiore rispetto a quello di gennaio (-35 punti la componente relativa al clima economico) e, seppure i giudizi sui bilanci familiari non siano molto negativi, le intenzioni di acquisto restano ancora depresse. Tra le imprese, la fiducia è di 33 punti più bassa rispetto a gennaio (-47,4 nei servizi di mercato); nel manifatturiero migliorano i giudizi sulla produzione, ma aumentano ancora le scorte: questo può essere dovuto a una dinamica della domanda inferiore rispetto a quella attesa dagli imprenditori (sulla base della quale è stata programmata la produzione) oppure alla cancellazione di ordini. In ogni caso non è un buon segnale sugli andamenti futuri della produzione.
“In questa fase – conclude l’analisi – la fiducia di imprese e famiglie rappresenta il fattore determinante per la ripartenza. In assenza di un miglioramento delle condizioni interne e internazionali che alimentano tale fiducia, l’efficacia delle politiche di sostegno alla domanda rischia di essere molto limitata e di aumentare ulteriormente il risparmio, vanificando in parte gli sforzi fatti finora”.