Nel disporre nella scorsa legge di bilancio il nuovo, rivoluzionario piano Transizione 4.0 per incentivare gli investimenti delle aziende in beni strumentali e attività di ricerca e innovazione il legislatore è stato piuttosto creativo: da una parte ha espresso l’intento di stabilizzare gli incentivi con un orizzonte triennale (fino quindi al 2022), dall’altra ha appostato le risorse a copertura del solo 2020. La pandemia ha però azzoppato sul nascere ogni velleità di investimento da parte delle imprese. E per questo, nei convulsi giorni che hanno preceduto il varo del decreto Rilancio, il Ministero dello Sviluppo Economico aveva provato a inserire nel testo anche l’attesa proroga al triennio e persino il potenziamento di alcune aliquote (i dettagli li abbiamo raccontati qui).
Come sappiamo, alla fine questa misura non è rientrata nel testo definitivo del decreto Rilancio (il Ministero dell’Economia avrebbe infatti chiesto approfondimenti). L’unico “contentino” è l’articolo 50, che dispone una proroga dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020 per la consegna dei beni materiali strumentali nuovi premiati con il superammortamento edizione 2019 (a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di un acconto in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione).
La delusione di fronte al mancato intervento sul Piano Transizione 4.0 è stata manifestata da più parti. Marcella Panucci, Direttore Generale di Confindustria, nella memoria depositata alla Commissione Bilancio della Camera scrive: “l’assenza di misure di prolungamento e potenziamento di Industria 4.0 rischia, dunque, di rallentare il processo di innovazione tecnologica avviato dal nostro sistema industriale. L’attuale sistema di incentivazione scadrà il 31 dicembre 2020 ed è essenziale prorogarne fin d’ora le misure al fine di garantire alle imprese un adeguato orizzonte temporale per programmare nuovi investimenti”.
La proposta formulata dal Ministero dello Sviluppo Economico ha però il merito di aver reso credibile l’intenzione di voler mettere effettivamente mano al piano, a partire dalla proroga, che ormai pare certa, come peraltro annunciato ripetutamente, oltre che dal ministro Stefano Patuanelli, anche dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Non è però ancora chiaro con quale strumento si potrà intervenire, dato che la modifica dovrà prevedere un corposo aumento di risorse (la proposta del Mise stanziava ulteriori 14 miliardi). L’ipotesi più probabile, al momento, è che tocchi aspettare la prossima legge di bilancio, che potrà con ogni probabilità contare sulle risorse del Recovery Fund europeo. Tuttavia una prima occasione potrebbe essere rappresentata dal percorso di conversione in legge dello stesso decreto Rilancio, ora al vaglio della Commissione Bilancio della Camera.
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L’intervento allo studio del Ministero dello Sviluppo Economico
Innanzitutto non è escluso che gli interventi avvengano per mano di un emendamento governativo, che metterebbe in atto le modifiche su cui sta lavorando direttamente il Ministero dello Sviluppo Economico.
Due sarebbero, stando a quel che ci risulta, le opzioni sul tavolo. La prima prevede la proroga del piano fino al primo semestre 2022 e il potenziamento di aliquote e scaglioni dei crediti d’imposta per tutto il periodo. L’aliquota dedicata all’acquisto di beni strumentali semplici passerebbe dal 6% al 10%. Per i beni immateriali (i software) salirebbe dal 15% al 20%. Il credito d’imposta dedicati ad attività di Ricerca & Sviluppo passerebbe dal 12% al 16% (con aumento del tetto massimo di spesa a 10 milioni), quello per investimenti in attività di innovazione tecnologica per obiettivi di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0 salirebbe dal 10% al 15% (con il contestuale aumento del tetto massimo di spesa da 1,5 milioni a 3 milioni). Infine, l’aliquota del credito d’imposta sugli investimenti in attività di design e ideazione estetica passerebbe dal 6% all’8% (e il tetto massimo di spesa salirebbe da 1,5 milioni a 3 milioni).
Dal punto di vista finanziario, questa opzione costerebbe allo Stato circa 7 miliardi di euro per la proroga e altri 2 miliardi per le aliquote maggiorate. Di questi 2 miliardi, oltre la metà servirebbero a finanziare l’innalzamento dell’aliquota dedicata agli acquisti di beni strumentali semplici dal 6% al 10%.
La seconda opzione prevederebbe invece la proroga del piano, sempre fino al primo semestre 2022, con le aliquote attuali (costo circa 7 miliardi, come visto) e il potenziamento delle aliquote solo per il 2020, con un costo stimato in circa 400 milioni di euro.
È anche possibile che l’intervento sia diviso in due momenti: nella legge di conversione del Decreto Rilancio potrebbe avvenire solo il potenziamento delle aliquote per il 2020, mentre nella legge di bilancio potrebbe esserci invece la proroga al 2022 (con i 7 miliardi che potrebbero arrivare dal Recovery Fund).
Le proposte di Anie
Nell’esprimere soddisfazione “per l’accoglimento da parte del Parlamento della sua richiesta di porre maggiore attenzione nei confronti del Piano Transizione 4.0”, Federazione Anie (che rappresenta l’industria Elettrotecnica ed Elettronica italiana) ha esposto la propria proposta per il potenziamento e la proroga degli incentivi, unita alla richiesta di inserire all’interno del Superbonus al 110% le tecnologie impiantistiche determinanti per la transizione energetica e digitale del patrimonio immobiliare nazionale, nella prospettiva del cosiddetto “Building 4.0”.
“L’industria rappresenta il motore pulsante di un’economia e oggi che il nostro Paese sta uscendo dalla morsa della pandemia Covid-19, la transizione del manifatturiero verso l’utilizzo delle tecnologie abilitanti Industria 4.0 è una formidabile occasione per il rilancio del sistema produttivo, funzionale a un suo riposizionamento negli scenari competitivi globali”, dichiara Giuliano Busetto, Presidente di Federazione Anie. “Siamo convinti che serva subito una forte accelerazione e perché ciò avvenga è necessario un potenziamento immediato dei principali strumenti del Piano Transizione 4.0. Oltre alla necessità di chiarire da subito la dimensione degli strumenti messi a disposizione delle imprese, è fondamentale dare al Piano Transizione 4.0 un orizzonte applicativo di medio termine. Il rinnovo annuale delle misure non giova agli investitori che devono invece avere certezze per un periodo non inferiore ai 3 anni per decidere gli investimenti necessari ad una profonda trasformazione in ottica digitale delle imprese”.
In particolare, la proposta di Anie indica come orizzonte temporale del piano (se le aliquote non saranno potenziate) il 2023, mentre per il potenziamento del Piano Transizione 4.0 prevede:
- Aumento del credito d’imposta per l’acquisto di beni materiali dal 6% al 12%
- Aumento del credito d’imposta per l’acquisto di beni immateriali dal 15% al 20% (passaggio del limite di spesa da 700.000 euro a 1 milione)
- Aumento del tetto massimo di spesa per i beni 4.0 dagli attuali 10 milioni di euro a 20 milioni
- Aumento della soglia per godere dell’aliquota al 40% per i beni 4.0 da 2,5 milioni di euro a 5 milioni
- Aumento dell’aliquota attuale per Ricerca & Svilippo dal 12 % al 24% (con aumento del tetto di spesa da 3 a 10 milioni di euro)
- Aumento dell’aliquota del credito d’imposta per attività di innovazione tecnologica dal 6% al 12% (con aumento del tetto di spesa da 1,5 a 3 milioni), e dal 10% al 20% per le attività con obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0 (con aumento del tetto di spesa da 1,5 a 3 milioni)
Per quanto riguarda l’estensione del Superbonus al 110%, Anie suggerisce di premiare anche “tecnologie, apparecchiature, soluzioni impiantistiche innovative energeticamente performanti e digitali, con connessione integrata atta all’aumento della sicurezza e della trasmissione dei dati, attualmente escluse ma in grado di produrre un effettivo e misurabile risparmio dei consumi energetici e abilitanti nella evoluzione digitale delle abitazioni, esigenza resa ancora più evidente dagli effetti del Covid-19”.
Gli emendamenti presentati in Commissione alla Camera
Intanto in Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati sono stati depositati migliaia di emendamenti tra cui alcuni riguardanti proprio il progetto di proroga e potenziamento del Piano Transizione 4.0 (consultabili e scaricabili in PDF in fondo all’articolo). Tra le proposte più strutturate (e per certi versi simili a quelle immaginate dallo stesso Ministero) vi è quella del deputato Pagano (in forza al PD e quindi membro della maggioranza di Governo), che con l’emendamento 50.03 introduce l’articolo 50-bis nel decreto Rilancio.
La proposta prevede appunto che gli incentivi previsti dal Piano Transizione 4.0 abbiano una durata triennale (con scadenza al 31 dicembre 2022), e che le aliquote dei crediti d’imposta (nella maggioranza dei casi) raddoppino. In particolare, il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali passerebbe dall’attuale 6% al 12%, mentre aumenterebbero i tetti massimi di spesa per beneficiare delle aliquote dedicate agli investimenti in beni strumentali materiali 4.0: il credito d’imposta al 20% sarebbe esteso a spese fino a 20 milioni (in luogo degli attuali 10), mentre quello al 40% coprirebbe le spese fino a 5 milioni (invece di 2,5). A raddoppiare sarebbero anche le aliquote dedicate alle attività di Ricerca & Sviluppo (dal 12% al 24%) e alle attività di innovazione tecnologica (dal 6% al 12% o dal 10% al 20% a seconda che siano dedicate o meno ad obiettivi di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0).
Come si è detto gli emendamenti dedicati a questo tema sono diversi (e non tutti paiono effettivamente praticabili, alla luce delle risorse che richiede la proroga ed il potenziamento del Piano). C’è l’iniziativa di alcuni deputati di Forza Italia che, sfruttando le risorse inutilizzate per il Reddito di Cittadinanza, allunga a 6 anni la durata degli incentivi (con il contestuale aumento dei crediti d’imposta, fino a prevedere il passaggio dal 40% al 50% di quello dedicato all’acquisto di beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati per una spesa fino a 2,5 milioni), mentre altre proposte si limitano a rendere triennale l’efficacia del piano (senza intervenire sulle aliquote).
Un altro filone di emendamenti interviene invece sullo stesso articolo 50 del decreto Rilancio, disponendo una proroga più lunga per la consegna dei beni strumentali materiali di cui si è detto sopra: c’è chi fissa il termine al 30 giugno 2021, concedendo un anno in più, chi pensa al 31 dicembre 2021 o chi di anni aggiuntivi ne concede due.
Per capire se qualcuno di questi emendamenti potrà sopravvivere e rientrare nella legge di conversione del decreto Rilancio, bisognerà aspettare che si concluda in Commissione il lavoro di “taglio e cucito” sulle migliaia di proposte in esame.
Dei numerosi emendamenti proposti sul Piano Transizione 4.0, quelli segnalati e che verranno effettivamente presi in considerazione dal Parlamento sono 5. Qui sotto è possibile consultarli e scaricarli in PDF.
Di seguito è possibile consultare e scaricare in PDF gli emendamenti riguardanti il Piano Transizione 4.0.
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