“Siamo un Paese fatto di differenze, standardizzare va contro la nostra natura e ci danneggia. Occorre quindi innovare le diversità, dei territori e delle province”. E poi: “va bene l’innovazione tecnologica, ma non deve creare standardizzazione, altrimenti quella sui mercati diventa solo una competizione fiscale”. Perché “celebrare l’artigianalità e la manifattura oggi significa celebrare la biodiversità produttiva italiana”.
Lo rimarca Paolo Manfredi nel suo libro Provincia, non periferia, edizioni Egea, dal sottotitolo Innovare le diversità italiane. Che a Innovation Post spiega: “va tutelata e portata avanti la cultura della personalizzazione del nostro produrre, che sa mettere insieme estetica e funzionalità”.
Manfredi, che è responsabile delle strategie digitali di Confartigianato Imprese, fa notare che è una peculiare capacità italiana quella di trovare soluzioni personalizzate e non standardizzate, ed è ciò ha sempre reso competitive le nostre imprese, a prescindere dalle loro dimensioni.
La realtà delle piccole e medie aziende con grandi capacità di soluzione, rispetto alla domanda del mercato, è nata in provincia ed è una caratteristica molto italiana, tutt’altro che scontata.
La ricetta per rilanciarsi o fare strada, negli scenari e nei mercati del futuro, è quindi quella di continuare a fare come si faceva prima, ma in modo nuovo, innovativo, più moderno ed efficiente. Senza inseguire o provare a imitare realtà straniere che non ci appartengono, in stile Silicon Valley, Taiwan o Shenzhen.
La provincia italiana ha ereditato la tradizione comunale fatta di grandi specializzazioni verticali, anche di nicchia, anche a livello di singoli borghi. Alcune tradizioni resistono e si sono rilanciate modernizzandosi, altre si sono perse e altre ancora, come il biomedicale a Modena, hanno saputo evolvere e trasportare competenze raffinate da un settore – in quel caso la meccanica – a un altro.
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Congiunzioni forti tra eccellenze e territori
Ma, ormai da qualche tempo, troppo tempo, sottolinea Manfredi, “assistiamo a una crisi di modernizzazione del territorio e dei distretti, che hanno perso l’autarchia del loro più brillante passato. Occorre investire sull’ammodernamento della manifattura e dei territori, perché non ci può essere territorio moderno senza una manifattura moderna. E perché se c’è una manifattura moderna il territorio ne beneficia”.
Per creare nuovo sviluppo, in epoca di Trasformazione digitale e Impresa 4.0, occorre però, secondo l’autore del libro di Egea-Bocconi, realizzare anche congiunzioni forti: “L’economia Digitale e delle piattaforme tecnologiche impone sia competenze specializzate, sia attività ad alto valore aggiunto, che sono radicate in contesti urbani e sono più di valore in grandi contesti urbani. In pratica, il sistema funziona meglio dove c’è una densità importante di risorse, competenze, strumenti”.
La provincia soffre di questa condizione, che la rende periferica. “Per questo, occorre ragionare in termini di reti: reti ‘corte’ all’interno dello stesso territorio, e ‘congiunzioni’ lunghe, andando a raggiungere e collegare le competenze, risorse e specializzazioni là dove sono forti”.
Alla ricerca della soluzione migliore
Secondo una recente ricerca della Fondazione Nord Est, oltre il 70% delle imprese del Made in Italy manifatturiero di qualità ha innovato attraverso i propri fornitori, dunque principalmente sostituendo macchine vecchie con macchine nuove, secondo le più consolidate basi dell’innovazione incrementale.
“Ma l’impetuoso dispiegarsi di quella visione del futuro della manifattura che va sotto il nome di Impresa 4.0 sottopone costantemente all’attenzione degli osservatori soluzioni tecnologiche che rappresentano salti quantici, e non mera incrementalità”, rimarca l’autore di Provincia, non periferia. Che sottolinea: “la gestione di questi salti richiede conoscenza del mercato, awareness, propensione a investire da parte dell’imprenditore e capacità tecnologica, fattori che con tutta evidenza esulano dal rapporto ciclico cliente-fornitore”.
Qui si devono attivare le reti lunghe, alla ricerca della soluzione che sia la migliore e non la più a portata di mano. Ragionamenti molto simili possono essere fatti per numerosi elementi della catena del valore di un’impresa che intenda crescere attraverso l’innovazione e il miglioramento continuo, nonché attraverso una politica di attrazione e sviluppo di capitale umano qualificato, ossia competente sul prodotto e competente sulla tecnologia.
Il rapporto virtuoso tra metropoli e provincia
Il fatto che i territori di provincia “stiano in piedi bene” è una condizione che interessa “anche la metropoli, interessa anche a Milano, che qui in Lombardia, ma anche a livello nazionale, rappresenta la porta verso l’economia globale”. E questo innanzitutto perché la competizione internazionale tra grandi metropoli è basata anche sulle loro dimensioni ed estensioni, per cui Milano ha bisogno di avere attorno a sé una massa critica, di risorse, sviluppo, opportunità. “La settimana della Moda e il Salone del Mobile milanesi sono gli esempi migliori del valore aggiunto che la metropoli può dare alla provincia”, fa notare Manfredi.
Che osserva e guarda al futuro: “la manifattura e il suo mondo di culture, luoghi e persone, sono la nostra principale risorsa, e sulla sua innovazione radicale bisogna scommettere con maggiore coraggio e decisione se vogliamo salvare la nostra economia, il nostro lavoro, la nostra provincia e anche la nostra anima”.