Collegare il cervello al computer, la nuova sfida possibile di Elon Musk e della sua Neuralink

Elon Musk punta a creare un’interfaccia diretta tra uomo e tecnologia attraverso microchip impiantati nella testa. Tra i primi obiettivi concreti del progetto di Neuralink, aiutare le persone paraplegiche o amputate a controllare dispositivi con la mente, e quelle che hanno subito danni cerebrali o al midollo spinale.

Pubblicato il 18 Lug 2019

IntelligenzaArtificiale


Collegare il cervello con le reti neurali e i computer. Creare un’interfaccia che permetta la perfetta simbiosi tra uomo e macchina, attraverso un microchip impiantato nella testa, e sottilissimi fili di collegamento tra il sistema celebrale umano e dispositivi Hi-tech.

Non è la sceneggiatura di un film come Matrix o Blade Runner, ma è ciò che stanno già facendo nei laboratori di Neuralink, startup di neurotecnologie (fondata 2 anni fa) e altra creatura del milionario e visionario Elon Musk, già celebre per aver dato vita al sistema di pagamento PayPal, all’auto elettrica Testla e all’agenzia di viaggi spaziali SpaceX.

Musk ha presentato alla platea della California Academy of Sciences di San Francisco i risultati della ricerca e sviluppo di Neuralink nella creazione di un’interfaccia ‘brain-computer‘, che possa consentire l’impianto di dispositivi nel cervello umano, in modo da metterlo in connessione con strumenti Hi-tech.

Un progetto per il quale la startup ha già raccolto oltre 150 milioni di dollari dagli investitori, oltre ai finanziamenti del fondatore. E i risultati sono già sorprendenti: un foro di 8 millimetri nel cranio permetterà di impiantare dei sensori collegati al cervello, con l’ausilio di piccoli fili flessibili, per rilevare l’attività dei neuroni, del diametro di micrometri (circa un terzo di un capello) iniettati nella testa con un cavo di 24 micron.

A farlo sarà uno speciale robot, programmato per ridurre al minimo il margine di rischio per la salute e le funzionalità cerebrali, con la supervisione di un neurochirurgo. I chip a loro volta saranno collegati a dei computer esterni in grado di elaborare le informazioni ricevute.

“Un’altra rivoluzione sta poi nel Design degli elettrodi sviluppati da Neuralink: oltre a leggere i dati, questa particolare tecnologia permette di inviare informazioni direttamente ai neuroni, bypassando le zone eventualmente danneggiate da traumi o disfunzioni”, anticipa Elon Musk.

Il sistema si completa con un piccolo dispositivo, da collocare dietro l’orecchio e simile agli apparecchi per l’udito, che sarà la protesi con cui la macchina leggerà i nostri comandi attraverso il pensiero.

In questo modo l’uomo, secondo le previsioni degli esperti di Neuralink, sarà in grado di interagire con i computer e le risorse Hi-tech di conoscenza, informazione, apprendimento. Arrivando perfino a potenziare il cervello e il pensiero umano,si augurano gli scienziati di Neurolink.

“Il sistema è stato testato con risultati incoraggianti sui topi e su una scimmia, che è stata capace di controllare un computer con il cervello”, rileva Musk, che non ha certo bisogno di dispositivi sofisticati per ideare, e far sviluppare, progetti avveniristici.

Il laccio neurale e ‘Google Neuro’

Ciò che Musk propone va oltre la protesi controllata dalla testa: è un laccio neurale per il cervello che lo possa sincronizzare direttamente con il mondo digitale, sta parlando di pensieri e ricordi che si mescolano con quelli digitali. Quando pensate qualcosa come: “Quanto è lungo il Nilo?”, la domanda è trasferita a un’Intelligenza artificiale tipo ‘Google Neuro’ (in modalità wireless, naturalmente) e, trascorso un quarto di secondo, conoscerete la risposta.

E spiega, o prova a spiegare: “la soluzione che sembra la migliore è quella di realizzare uno strato di IA, annesso al cervello, che possa funzionare bene in modo simbiotico con la persona. Così come la corteccia opera in modo simbiotico con il sistema limbico, il terzo strato digitale potrebbe operare di concerto con la persona”. Semplice, no?

Le prime applicazioni del cervello-computer

Tra i primi obiettivi concreti del progetto di Neuralink, quello di aiutare le persone paraplegiche o amputate a controllare dispositivi con la mente, e quelle che hanno subito danni cerebrali o al midollo spinale: recuperare la sensibilità di alcune parti del corpo o permettere il controllo di protesi bio-meccaniche e, con gli sviluppi necessari, restituire anche la vista, l’udito e il tatto.

I passi successivi, ma già delineati all’orizzonte dell’innovazione, potranno essere quelli di potenziare le capacità neurologiche dei soggetti impiantati, raggiungere una sorta di simbiosi con l’Intelligenza artificiale, e generare ‘super-intelligenze digitali’.

Presto, secondo Musk, “saremo in grado di digitare 40 parole al minuto attraverso il solo uso del pensiero”, mentre più in là nel tempo “potremmo creare un’interfaccia cervello-macchina completa, per ottenere una sorta di simbiosi con l’intelligenza artificiale”.

Centinaia di elettrodi in testa

Neuralink punta a iniziare la sperimentazione sugli esseri umani entro il 2020, anche se l’approvazione della Food and Drug Administration, il dipartimento della Salute statunitense, risulterà molto complessa: questa tecnologia è studiata in molti laboratori, ed è già stata installata su alcuni pazienti che soffrono di epilessia per monitorarne le funzioni cerebrali.

Secondo Mattehew MacDougall, uno dei neurochirurghi di Neuralink, presto la procedura di installazione di questi dispositivi potrà essere abbastanza sicura da rendere la tecnologia una scelta affermata: “nei test effettuati siamo stati in grado di piazzare centinaia di elettrodi nel cervello senza alcun sanguinamento”, spiega. Tutto questo grazie alle minuscole dimensioni che riducono drasticamente il rischio di danneggiamento cerebrale.

Il collegamento di queste ricerche e di questi strumenti con quelli dell’Intelligenza artificiale apre poi le porte a scenari e applicazioni futuribili e ancora tutti da scoprire. Anche lo storico Yuval Noah Harari fornisce la sua ipotesi su quanto ancora dovremo aspettarci: “quando i cervelli e i computer potranno interagire direttamente, sarà la fine della storia, la fine della biologia per come la conosciamo. Nessuno sa che cosa accadrà quando arriveremo a quel punto. Non abbiamo nemmeno il modo di provare a immaginare che cosa accadrà dopo”.

Tre conquiste per la fusione uomo-macchina

Per arrivare a fare tutto questo, servirebbero tre conquiste, per ottenere una fusione sostanziale tra uomo e macchina, ma potrebbero non essere possibili. Come spiega Byron Reese, nel suo volume ‘La Quarta Era‘ (pubblicato da FrancoAngeli): “Primo, un computer dovrebbe essere in grado di leggere il pensiero umano. Secondo, un computer dovrebbe essere capace di trasmettere un pensiero al cervello. Terzo, un computer dovrebbe fare entrambe le cose a una velocità significativamente superiore a quella a cui siamo avvezzi. Se riusciremo a conseguire questi tre obiettivi, potremo allora celebrare un’unione cosmica con i computer”.

E lo scienziato Ray Kurzweil ritiene che qualcosa del genere accadrà, che il nostro pensiero diventerà un ibrido di processi biologi e non biologici, e fissa anche una data: “tra il 2030 e il 2040 ci connetteremo direttamente dalla neocorteccia celebrale al Cloud. Quando avrò bisogno di migliaia di computer, potrò accedervi in modalità wireless”.

In realtà oggi nessuno sa se ciò sarà possibile. Anche perché ci sono alcuni limiti biologici che nemmeno la tecnologia può espandere.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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