L’Italia fatica a reggere il ritmo delle altre grandi economie europee sia dal punto di vista della produzione industriale che da quello della competitività delle nostre imprese. Ma di fronte a noi c’è la possibilità di vivere una RenAIssance, un vero e proprio rinascimento high-tech, reso possibile, e da realizzare, attraverso lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale (AI nella dizione anglosassone). A pensarla così è il gruppo di 30 esperti del Ministero dello Sviluppo Economico che stanno elaborando le loro ‘Proposte per una strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale’. Il lavoro del gruppo è praticamente concluso e abbiamo avuto modo di leggerne in anteprima le conclusioni.
Il documento programmatico, per l’intero Paese e per le sue politiche pubbliche, elaborato dagli esperti è infatti arrivato alla bozza pressoché definitiva. Questo programma strategico del Think-tank di specialisti, oltre a fare il punto della situazione e in prospettiva, indica tutta una serie di azioni e misure per fare in modo che l’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale si trasformi quanto più possibile in un vantaggio per la collettività, cittadini e imprese, e quanto meno in un rischio.
Innanzitutto, secondo il Team di esperti sull’intelligenza artificiale, occorre creare una “Governance nazionale per la scienza e la tecnica”, con lo scopo di coordinare gli investimenti con un disegno unitario e sinergico: “questa Governance potrebbe dipendere direttamente dalla Presidenza del Consiglio in supporto alle diverse amministrazioni, sul modello di un CTO Office aziendale. l’Intelligenza Artificiale sarebbe una delle tecnologie coordinate dalla Governance nazionale, che potrà anche mantenere i rapporti con analoghi uffici di governi esteri e con la Commissione europea”.
D’ispirazione per un progetto di questo tipo può essere ad esempio la missione della tedesca Acatech, i cui membri sono sia accademici, sia industriali, che ha l’obiettivo di “consigliare la politica nella definizione delle strategie sulla scienza e tecnologia con un approccio evidence-based”, basato su prove.
A livello internazionale, invece, il governo italiano dovrebbe promuovere il lavoro del Gruppo europeo di esperti sull’Intelligenza Artificiale e spingere le imprese italiane, grandi e piccole, a partecipare al processo di sperimentazione avviato nell’aprile scorso.
In particolare, la squadra di specialisti messa insieme dal Ministero raccomanda al governo di “posizionare l’Italia come protagonista dell’agenda europea sull’Intelligenza Artificiale, evitando di accelerare il dialogo internazionale prima di aver definito una posizione comune con gli altri Stati membri. Ciò implica anche che il nostro Paese privilegi iniziative europee alle attuali iniziative franco-tedesche come Jedi”.
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Le 5 aree di applicazione prioritarie per l’Italia
Secondo il gruppo di specialisti incaricati dal Ministero di tracciare le linee di sviluppo per un’AI virtuosa e proficua, viste le caratteristiche economiche e sociali del Paese, sono innanzitutto 5 le aree di applicazione prioritarie. In pratica, sarebbe opportuno concentrare le risorse sull’applicazione dell’Intelligenza Artificiale a questi settori:
• IoT, manifattura e robotica;
• Servizi: finanza, sanità, creatività;
• Trasporti, agrifood, energia;
• Pubblica amministrazione;
• Cultura e Digital humanities.
Per quanto riguarda l’Industria, in particolare, nel settore della manifattura e dell’automazione industriale “i margini di miglioramento sono estremamente elevati come continuazione ed evoluzione dei programmi su Industria 4.0. Nel settore manifatturiero, l’AI e l’automazione industriale stanno cambiando l’operatività con l’avvento della robotica di nuova generazione. I robot sono infatti in grado di fornire livelli superiori di garanzia e qualità, ridurre i costi operativi e migliorare la produzione”.
L’intelligenza Artificiale nella manifattura “consente, per esempio, la manutenzione predittiva dei macchinari aumentandone la produttività. Nell’automazione industriale è particolarmente importante mantenere l’elaborazione in loco dei dati generati, preservando così il know-how delle singole aziende”.
Il documento poi si sofferma sulle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale per la cybersecurity e il monitoraggio delle infrastrutture critiche. “Nel settore della sicurezza fisica infatti soluzioni e servizi di AI stanno supportando un’automazione sempre più efficace per il controllo e la salvaguardia dell’individuo, la sicurezza nel traffico veicolare, pedonale, ma anche ferroviario, aereo e marittimo, e l’analisi del comportamento umano che si declina anche per la sicurezza sul luogo di lavoro”.
Un ecosistema di tecnologie
Questi settori includono tutta la filiera dei componenti e oggetti intelligenti per l’IoT applicati sia in industria, sia negli spazi pubblici e in quelli privati e domestici. E gli esperti fanno anche notare che, in generale, non è corretto trattare l’Intelligenza Artificiale come una tecnologia a sé stante. La ragione sta nel fatto che l’Intelligenza Artificiale è in realtà un ecosistema di tecnologie (il Technology stack) che spesso sono usate in maniera integrata per arrivare all’applicazione finale. I metodi stessi dell’Intelligenza Artificiale sono variegati, l’acquisizione dei dati è un processo complesso che si fonde con la disponibilità dei sensori, con l’accesso ai sistemi di calcolatori, e via dicendo.
Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale si intersecano poi con numerosi altri campi applicativi legati alla sicurezza, alle nanotecnologie, sempre di più alla genetica e alle scienze della vita, ai sistemi cyber-fisici come IoT, automazione, robotica, oggetti intelligenti.
Il fattore umano
L’Intelligenza Artificiale – spiega il documento – “non è intelligente stricto sensu. Se utilizzata in modo stupido, l’AI riproduce e spesso amplifica la stupidità. Se utilizzata in modo intelligente, amplifica l’intelligenza”.
Oltre che dalle tecnologie complementari, l’AI dipende moltissimo dalla componente umana, e dunque dalla capacità e dalla competenza dei soggetti che sviluppano, implementano e utilizzano gli algoritmi. Tali competenze non sono soltanto quelle tecniche, di coding o prettamente scientifiche: se si vuole che la diffusione dell’AI sia antropocentrica, è necessario che le competenze umane siano complementari alla capacità delle macchine, e che gli individui si specializzino in tutte quelle attività nelle quali l’uomo è ancora superiore alla macchina, nonché nelle attività che consistono nel sapere utilizzare la macchina al meglio.
Serve una Governance nazionale
Una Governance unitaria nazionale per lo sviluppo tecnologico consentirebbe al governo italiano di “utilizzare tutto il Technology stack – e di conseguenza l’Intelligenza Artificiale – per dotarsi di competenze, procedure e strumenti per poter meglio monitorare gli impatti delle politiche pubbliche, analizzandone gli effetti Ex ante, ricorrendo sistematicamente alla consultazione pubblica, monitorando e valutando Ex post gli impatti sul benessere sociale, la crescita e soprattutto lo sviluppo sostenibile”.
Sarebbe poi opportuno definire delle Challenge (sfide tecnologiche) che coinvolgano il mondo della ricerca e dell’industria per lo sviluppo di progetti specifici.
Un’altra misura proficua sarebbe quella di creare una struttura di ricerca e trasferimento tecnologico capace di attrarre talenti di primo livello dallo scenario internazionale e, allo stesso tempo, diventare un ‘faro’ per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale in Italia.
Un Istituto italiano per l’Intelligenza Artificiale
Si potrebbe trattare di una sorta di ‘Istituto italiano per l’Intelligenza Artificiale’, un organismo importante e qualificato, “con il suo Network e le sue connessioni al sistema nazionale dei dati, ai Competence Center, e alla rete dei Digital Innovation Hub”, e “combinato con un investimento in un’architettura di calcolo HPC, High Performance Computing, con un Mix di componenti Cloud ed Edge”.
E su questo progetto gli esperti del Ministero puntano alto: “candidare l’infrastruttura italiana a diventare l’equivalente del CERN per l’Intelligenza Artificiale, oppure uno dei nodi di un’ipotetica rete europea, nel caso che le attività di ricerca e sviluppo sull’Intelligenza Artificiale vengano declinate come una rete invece che un unico sito di eccellenza europeo”.
Sul fronte della cultura e dell’educazione all’Intelligenza Artificiale, poi, si raccomanda di “agire in sinergia con le corrispettive iniziative europee, ad esempio, la Digital Skills and Jobs Coalition. Inoltre, vista la strategicità della formazione di giovani e adulti, appare necessario assicurarne un adeguato sostegno finanziario, che andrà utilizzato anche per favorire quelle professioni che si ritengono più strategiche per il Paese nel futuro.
Muoversi insieme agli altri Paesi dell’Ue
L’Italia è poi chiamata a contribuire al dibattito europeo in corso sugli obblighi di trasparenza, replicabilità e controllabilità dei sistemi di AI. Il Team di esperti sconsiglia all’Italia di percorrere una strada alternativa a quella continentale, e si dovrebbe, sempre a livello europeo:
1. Contrastare la concentrazione dei dati nelle mani di poche aziende private;
2. Garantire sanzioni adeguate e risarcimento degli eventuali danni provocati da azioni scorrette;
3. Contrastare efficacemente le nuove forme di pubblicità potenzialmente ingannevole. Si raccomanda a questo proposito di predisporre un piano d’azione per i consumatori di AI, e le necessarie modifiche legislative per adeguare il quadro di protezione dei consumatori alla nuova realtà di mercato.
La sicurezza nel campo dell’Artificial Intelligence
L’approccio nei confronti delle politiche dell’Intelligenza Artificiale dovrebbe essere quello della Security by design, vale a dire un processo conforme e adeguato già dalle prime fasi di ideazione e sviluppo.
Ma cosa si intende per Security in ambito AI? La sicurezza da tutelare, in ambito Artificial Intelligence, abbraccia una prospettiva molto più ampia di quella prettamente individuale, estendendosi anche ad aspetti micro e macroeconomici, occupazionali, di sicurezza sociale, e ambientali in termini di sviluppo sostenibile. Allo stesso modo, per “sicurezza” si può intendere anche una generale conformità, da parte degli operatori interessati, a prescrizioni normative e tecniche, oltre che, ovviamente, a principi etici.
A livello pratico, ciò comporta lo sviluppo di una regolamentazione che si riferisca a specifici ambiti, non solo etici o giuridici, ma anche tecnico-ingegneristici, interessati dall’Intelligenza Artificiale, ad esempio con indicazione di “adempimenti minimi” (in tema di conformità a principi etici, norme giuridiche, autovalutazione dei rischi e prescrizioni tecniche), a cui ogni attore coinvolto dovrà attenersi per operare con un sistema AI.
Si tratta, in altre parole, di definire una checklist all’interno della quale vengano elencati i principi etici da rispettare, nonché le prescrizioni normative alle quali ottemperare, le misure tecniche minime da adottare e l’autovalutazione dei principali rischi.
L’obiettivo di questi strumenti sarebbe quello di responsabilizzare gli operatori e promuovere una maggiore consapevolezza nella fornitura e nell’utilizzo di tecnologie AI, non certo di introdurre ostacoli al loro sviluppo.
Regole e tutele
Dato che è immaginabile che un rischio residuo esista sempre nell’uso di una nuova tecnologia, le ‘Proposte per una strategia italiana per l‘Intelligenza Artificiale’ raccomandano anche, in linea con quanto già proposto dal Parlamento Europeo nel febbraio 2017, l’introduzione di un regime di assicurazione obbligatorio, come già avviene per le automobili, a cui affiancare un fondo nazionale che subentri in caso di assenza di copertura assicurativa.
Proseguire sulla via degli incentivi
In più, nell’ambito invece degli incentivi all’innovazione, il programma strategico “raccomanda il mantenimento o incremento degli strumenti per l’incentivazione della digitalizzazione, come il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, da rendere strutturale e riportando al 50% l’aliquota sugli investimenti incrementali con un massimale fino a 20 milioni di euro, prorogando allo stesso tempo l’iperammortamento ed estendendo il credito d’imposta per la formazione anche all’Intelligenza Artificiale”.
La Pubblica amministrazione come volano dell’Intelligenza Artificiale
Per quanto riguarda la Pubblica amministrazione, secondo il Pool di esperti potrebbe essere il volano della strategia sull’Intelligenza Artificiale. Ma ecco cosa serve: investire sull’analisi di performance e sull’innovazione di organizzazioni, servizi, norme e processi della PA, e sviluppare anche i cosiddetti ‘appalti innovati’.
Occorre poi la creazione di un Marketplace centrale della PA, che valorizzi i dati delle aziende promuovendone l’interscambio sicuro e trasparente, insieme alla protezione del Know-how delle imprese, specialmente nella transizione verso la Data-driven economy, con la normazione in ambito GDPR per l’IoT. “Queste azioni dovrebbero avvenire sempre nell’ottica di favorire la condivisione dei dati senza però mai rinunciare ai vantaggi competitivi che questi possono fornire”.