Sviluppare una nuova classe di nano e micro sensori meccanici che, attraverso l’utilizzo di materiali innovativi, siano capaci di misurare campi magnetici debolissimi, come quelli generati dall’attività cerebrale umana, alla base delle applicazioni nel campo delle neuroscienze cliniche e di base. È questo l’obiettivo del progetto ‘OXiNEMS’, coordinato dall’Istituto Spin del Consiglio nazionale delle ricerche di Genova e finanziato dalla Commissione europea con tre milioni di euro per i prossimi quattro anni, nell’ambito del bando FET–Open.
Un progetto che mira ad ampliare le aree di applicazione dei sensori microelettromeccanici, che oggi sono realizzati principalmente con il silicio, utilizzando dispositivi basati su ossidi multifunzionali. Materiali innovativi che permettono di integrare in un’unica struttura, funzionalità diverse e fabbricare sensori su scala nanometri a ad elevata sensibilità.
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Materiali innovativi per misurare campi magnetici debolissimi
“Gli ossidi di metalli di transizione – spiega il coordinatore del progetto Luca Pellegrino – hanno moltissime proprietà fisiche quali il ferromagnetismo o la superconduttività, ma possono essere isolanti o metallici e hanno transizioni strutturali che ne cambiano il volume con la temperatura”. Materiali che possono essere lavorati tramite diverse tecnologie, come l’ablazione laser pulsata, per trasformarli in film sottilissimi, che arrivano a un nanometro, ovvero un milionesimo di millimetro.
“Noi stiamo lavorando a strutture a sandwich, fatte con questi materiali sotto forma di cristalli. Queste strutture saranno poi lavorate con tecnologie microelettroniche per realizzare nano o micro sensori di tipo meccanico che potranno misurare campi magnetici molto bassi come quelli generati dell’attività cerebrale”. Si tratta di campi magnetici molto deboli dell’ordine di una parte su un miliardo del campo magnetico terrestre per misurare i quali occorre sviluppare sensori molto sensibili ma, al tempo stesso, più resistenti di quelli utilizzati attualmente.
Superare la tecnologia SQUID per realizzare i sensori del futuro
“Questi sensori, in sistemi come la magnetoencefalografia, si basano attualmente sui dispositivi SQUID (Superconducting Quantum Interference Devices) – prosegue Pellegrino – mentre la nostra tecnologia mira a sviluppare sensori che siano più robusti alle perturbazioni esterne quali ad esempio campi magnetici pulsati”. Grazie a questo progetto, quindi si potranno mettere le basi per sviluppare sensori che, in futuro, saranno in grado, di combinare tecniche che attualmente non possono essere combinate assieme a livello diagnostico, come magnetoencefalografia e stimolazione magnetica transcranica.
“La prima deve misurare il campi magnetici molto bassi – prosegue – mentre la seconda produce dei campi magnetici molto intensi per stimolare specifiche aree cerebrali. Combinare queste due tecniche assieme, oggi, è un problema perché i sensori attualmente in uso non sono robusti al campo magnetico. I dispositivi che andremo a sviluppare, quindi, serviranno proprio ad ovviare a questi problemi e a sviluppare queste nuove macchine combinate”.
Cnr, Università e aziende, ecco il gruppo di ricerca
Il consorzio del progetto, coordinato dal ricercatore Luca Pellegrino (Cnr-Spin), è composto da quattro gruppi di ricerca europei: per l’Italia partecipano, l’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara e l’azienda META Group, mentre gli altri partner sono la Chalmers University of Technology (Svezia), l’Università di Amburgo (Germania), e l’azienda olandese Quantified Air B. V. Il gruppo Cnr è composto da ricercatori di Cnr-Spin di Genova e membri associati del Dipartimento di fisica dell’Università di Genova e dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie (Cnr-Ifn) con un gruppo operativo al Polifab, la facility di micro e nanofabbricazione del Politecnico di Milano.