Ogni rivoluzione industriale ha portato con sé una rivoluzione sociale. Ogni forte cambiamento nel sistema economico e produttivo ha generato di conseguenza una altrettanto marcata trasformazione nel lavoro e nella vita delle persone.
Partendo da questo dato di fatto, diversi sociologi ed economisti da questa quarta rivoluzione dell’Industria 4.0, in pieno sviluppo ovunque, se ne attendono un’altra anche nella società. Alcuni di essi non solo la prevedono, ma la ritengono necessaria.
Con le tecnologie che, in questo scenario e in prospettiva, giocano un ruolo cruciale. E il nodo fondamentale in tutto ciò non è tanto “quali” ma “come” queste risorse Hi-Tech vengono e verranno utilizzate: potrebbero favorire il cambiamento sociale verso un maggiore benessere più diffuso, o potrebbero aumentare ancora di più il divario tra ricchi e poveri nel mondo.
Un solco che è già enorme: come rileva un recente rapporto di Oxfam International, nel 2017 soltanto 26 individui possedevano la ricchezza di 3,8 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale.
Un abisso che affligge soltanto i Paesi in via di sviluppo? No, anche in Italia la tendenza all’aumento della concentrazione delle ricchezze è evidente: a metà 2018 il 20% più ricco tra gli italiani possedeva circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale. Salendo più in alto nella scala, il 5% più ricco era titolare da solo della stessa quota di ricchezza posseduta dal 90% più povero.
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Tecnologie al bivio: conta “come” le gestiremo
Il bivio che abbiamo di fronte è proprio questo: “come” gestiremo le tecnologie determinerà “come” si evolverà la società mondiale. In un mondo interconnesso, le nuove tecnologie porteranno innovazione a un ritmo senza precedenti. Ma tutta questa nuova tecnologia sta davvero migliorando le nostre vite? O soltanto quelle di pochi, aumentando le disuguaglianze?
“Le tecnologie, per come si stanno sviluppando, ci stanno portando verso i grandi monopoli e oligopoli delle mega-aziende Hi-Tech che hanno in mano e controllano il settore”, denuncia Winnie Byanyima, direttore di Oxfam International, che ne ha parlato nei giorni scorsi intervenendo al World Economic Forum di Davos, “tra l’altro sono anche le stesse società che hanno il possesso e controllo dei nostri dati, dei dati di miliardi di persone. Un potere straordinario”.
La tecnologia, fa notare Byanyima, “deve essere una forza per creare valore, lavoro, prosperità diffusi, e non concentrati nelle mani e nelle tasche di un ristretto numero di miliardari. E c’è un enorme problema di inclusione, tecnologica, economica e sociale, da affrontare e risolvere”.
Vincono in pochi, e prendono tutto
La stessa Sharing economy, che si può considerare nata nel 2008 (l’anno d’inizio della sua moltiplicazione su vasta scala), figlia della crisi economica, da un lato, e del boom di smartphone e piattaforme Social, dall’altro, tra i suoi effetti e prospettive presenta molte incognite.
Un aspetto appare però più certo di altri: è l’economia delle risorse e dei servizi condivisi e usati da molti, moltissimi, attraverso sistemi controllati da pochi, o pochissimi. A guadagnarci, e tanto, sono sicuramente i fondatori e gestori delle Startup diventate di successo. Come Airbnb, Uber, Kickstarter, e tante altre ancora.
Ma a fronte di bilanci da Paperone, migliaia, decine di migliaia, di altre idee e iniziative nel mondo non hanno uguale fortuna, dato che il 93% delle imprese innovative non supera i primi tre anni di vita. Vincono in pochi, e prendono tutto. O quasi. E, al di là di tanti discorsi sulla democratizzazione dell’economia (come quelli di Jeremy Rifkin), la Sharing economy sembra caratterizzata da un’alta concentrazione di mercato, all’interno di scenari che in molti casi portano a oligopoli molto concentrati. E allo sviluppo del cosiddetto Cyber-capitalismo.
Nuova architettura sociale e ruolo del Business
In queste trasformazioni in atto dell’Industria 4.0, “c’è la necessità di disegnare una nuova architettura sociale”, sostiene l’economista Subramanian Rangan, “e l’impatto di tutto ciò sulle diseguaglianze dipende da come le tecnologie vengono utilizzate”. Per questo, “il mondo del Business e delle imprese ha un grande ruolo”, rimarca Robert Moritz, presidente di PwC International, “e molto delicata è, ad esempio, la gestione che verrà fatta di Intelligenza artificiale e Social Media: la prima perché governerà macchine e tecnologie in una realtà sempre più Hi-Tech, i Social Media perché sono utilizzati dalle masse popolari in tutto il mondo”.
Se, quindi, il principale nodo da sciogliere è “come”, in che direzione, con quali modalità, tutte le nuove tecnologie verranno impiegate e gestite, alcuni anelli portanti di questa catena riguardano, ad esempio: il trattamento dei dati e la Privacy; la regolamentazione e lo sviluppo dei sistemi di Intelligenza artificiale; l’applicazione di reti Blockchain; la tassazione del mondo digitale, dell’eCommerce e delle Web company.
Ma, anche, la tutela della libera concorrenza e il contrasto a concentrazioni di potere e monopoli; le regole e le retribuzioni che riguardano il lavoro e i lavoratori collegati a Sharing e Digital economy (vedi, per citarne un paio, il caso degli addetti di colossi come Amazon e di quelli del Food delivery); la tutela della proprietà intellettuale in rete, i software e i sistemi Open source.
Servono risposte veloci e condivise
In tema di gestione dati e Privacy, con l’introduzione lo scorso anno della normativa Gdpr, l’Europa ha compiuto un importante passo in avanti nel segno dell’uniformità e del coordinamento di regole e linee guida. Tanto che ora già da più voci sale la richiesta di estendere un provvedimento di questo tipo a un livello internazionale ancora più ampio.
Per quanto riguarda lo sviluppo dell’Artificial intelligence, in Italia a fine 2018 il Ministero dello Sviluppo Economico ha nominato la squadra di esperti che collaboreranno con il Mise e il Governo per elaborare la strategia nazionale sull’Intelligenza artificiale, insieme all’analogo Team in materia di tecnologie Blockchain.
A livello europeo, lo scorso aprile 25 Paesi, tra cui l’Italia, hanno siglato un’intesa per lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale all’interno dell’Ue, che punta a collaborare in ambito continentale.
Con il lavoro del Gruppo di Alto livello nominato dalla Commissione Ue, poi, lo scorso dicembre è stata resa nota la prima bozza delle ‘Ethic guidelines to trustworthy AI‘, che si può tradurre come “Linee guida per un’intelligenza artificiale di cui ci si possa fidare”, un codice etico che dovrebbe essere adottato entro il prossimo marzo.
Definire la Governace del mondo digitale
In tema di Web Tax, invece, sarebbe auspicabile una normativa a livello europeo e internazionale. Una proposta è stata discussa ormai oltre un anno fa in una riunione dell’Ecofin (Consiglio europeo di Economia e Finanza), che prevede l’introduzione a livello comunitario di nuove linee guida in ambito fiscale, con un’imposta sulle transazioni digitali. Ma il tempo passa e i risultati tardano a venire.
Insomma, le questioni sul tavolo sono molte, delicate e spesso intrecciate tra loro, e le risposte più importanti devono venire dalla Governance, dalle istituzioni che devono inquadrare e gestire questi fenomeni, e che in molti casi faticano a restare al passo con i tempi serrati dell’innovazione. Le soluzioni che servono, poi, devono essere quasi sempre trovate non solo e non tanto a livello nazionale, ma su scala internazionale e globale.
Dall’Industria 4.0 alla Società 4.0
Hilary Cottam, imprenditrice e scrittrice inglese, autrice del volume ‘Aiuto radicale‘ , ovvero come indica il sottotitolo ‘Come possiamo ricostruire le relazioni tra noi e rivoluzionare il Welfare State’, pubblicato da LittleBrown, è tra coloro che, insieme alla rivoluzione dell’Industria 4.0, auspicano una Società 4.0.
Rileva: “le diverse rivoluzioni industriali hanno prodotto un’esplosione di nuove forme di organizzazione sociale. Dalle Nazioni Unite ai sindacati, dal volontariato alle forme di Stato Sociale nei vari Paesi, nuovi sistemi e organismi sono stati progettati per facilitare la transizione da un ordine socio-economico al successivo”.
Un Welfare sostenuto dalla tecnologia
Ma oggi, in tutto il mondo, “queste organizzazioni si trovano fuori passo e fuori tempo rispetto alle sfide e aspettative attuali. La quarta rivoluzione industriale richiede una rivoluzione sociale”, sostiene Cottam.
E osserva: “all’inizio di una nuova rivoluzione industriale alimentata da tecnologie digitali e altre tecnologie emergenti, abbiamo bisogno di nuove competenze e di diversi modi per trovare lavoro. Oggi, la maggior parte dei lavori non è pubblicizzata. Per trovare lavoro e progredire, hai bisogno di connessioni sociali. Le masse di lavoratori a basso salario lo sanno, così come i milioni di giovani in tutto il mondo che cercano la loro prima possibilità. Hanno bisogno di qualcosa di nuovo. Dobbiamo progettare e creare qualcosa di nuovo”.
Uno dei primi passi, propone l’esperta inglese in epoca di Industria 4.0, dovrebbe essere “smantellare lo Stato Sociale così come lo conosciamo”, perché in un mondo High-Tech che ha trasformato il modo in cui viviamo, i sistemi di protezione sociale costruiti sulla scia della Seconda guerra mondiale sono irrimediabilmente obsoleti e un enorme spreco di risorse .
Il Welfare per il 21esimo secolo, sostiene l’imprenditrice e scrittrice, dovrebbe essere incentrato sui rapporti umani e sostenuto dalla tecnologia.