Nel corso della Storia, chi ha avuto la superiorità tecnologica ha dominato il mondo. È una ‘regola’ che non solo continuerà a valere, ma si rafforzerà ancora di più, in futuro: chi guida e controlla l’innovazione, anche dal punto di vista economico e militare sarà dominante. Per questo, l’evoluzione Hi-Tech è anche accompagnata dai cosiddetti ‘Tecno-nazionalismi‘, una competizione tra Paesi che, seguendo e cavalcando l’onda tecnologica, sta accelerando.
Non a caso, il presidente russo Vladimir Putin, su questi scenari ha già avuto modo di sentenziare: “chi diventa Leader in questa sfera, governerà il mondo”.
E il suo omologo cinese, Xi Jinping, ha rimarcato: “la Cina è rimasta indietro nelle prime tre rivoluzioni industriali, e ne ha pagato il prezzo. Ora questo ‘Round’ lo vogliamo vincere”.
Con questa differenza sostanziale, rispetto ai tempi della Guerra Fredda: la Cina oggi è il principale concorrente degli Stati Uniti, sia in ambito tecnologico che in quello dell’economia mondiale, la Russia no.
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Il dualismo tra Washington e Pechino
Scenari e prospettive che sono anche al centro del dibattito in corso in questi giorni al World Economic Forum (Wef) di Davos: “lo sviluppo tecnologico si intreccia sempre più con la competizione geo-politica, il potere militare non è più l’unico parametro della sicurezza nazionale”, rileva Avril Haines, ricercatrice della Columbia University, e in questo Risiko di Tecno-nazionalismi, “una delle sfide più grandi è proprio capire cosa sta succedendo, dove ci porteranno i tanti cambiamenti in atto”.
Per il momento, l’unico punto fermo sta nel fatto che questa competizione per la supremazia tecnologica è guidata e combattuta innanzitutto dal dualismo tra Stati Uniti e Cina. Con, da una parte, colossi come Google, Apple, Facebook, Amazon e Ibm, per citarne alcuni tra i maggiori, e, dall’altra, sul lato orientale del globo, altri pesi massimi come Huawei, Alibaba, Zte, Tencent.
Con la differenza che negli States sono soprattutto le grandi Tech-Company private che controllano tutto, ‘cuore’ e ‘cervello’, dei loro gioielli innovativi, “con il governo di Washington che vorrebbe assumere di più questo controllo, mentre in Cina le esigenze aziendali vengono sempre dopo l’interesse nazionale”, fa notare John Allen, presidente di The Brookings Institution.
Una politica per il mondo digitale
“Ma questa forte evoluzione tecnologica, nonostante i Tecno-nazionalismi emergenti, non può continuare con regole e linee guida tanto diverse da Paese a Paese, ad esempio nell’ambito della Privacy o in quello dell’Intelligenza artificiale, dobbiamo andare verso una maggiore omogeneità normativa e legale, a livello internazionale”, auspica Allen.
Che osserva: “la politica, i governi, le grandi organizzazioni, nei Paesi democratici, devono essere più coinvolti nel processo tecnologico, e, allo stesso tempo, devono essere in grado di muoversi e agire secondo i tempi, i meccanismi e le esigenze del mondo digitale. In pratica, non possono starne fuori, ma neanche rappresentare una zavorra. Dobbiamo ‘fondere’ le opportunità offerte dall’innovazione con i valori democratici”.
La gara per l’Intelligenza artificiale
In questo dualismo Hi-Tech in atto tra Stati Uniti e Cina, in questa corsa ai Tecno-nazionalismi, è significativo, per esempio, il confronto e il rapporto delle rispettive capacità tecnologiche, attuali e stimate ai prossimi 5 anni, nei quattro principali ambiti di applicazione e sviluppo dell’Intelligenza artificiale: l’IA applicata a Internet, applicata al Business, alla sensoristica Hi-Tech e strumenti di rilevamento, e alle applicazioni tecnologiche ‘autonome’ rispetto all’intervento umano, come le auto a guida autonoma.
Nel Campo dell’IA applicata al Business, ad esempio, in un rapporto in scala da 1 a 10, le attuali capacità tecnologiche degli Stati Uniti equivalgono a 9 e quelle della Cina a 1. Ma nel giro di 5 anni questo rapporto di forza passerà a essere di 7 a 3, sempre a vantaggio degli States, ma con un buon recupero di terreno da parte della Cina, in poco tempo.
Nell’ambito ‘Autonomous AI‘, per le applicazioni in autonomia rispetto all’intervento umano, anche qui oggi il divario tra Stati Uniti e Cina è di 9 a 1, ma entro il prossimo quinquennio sarà del tutto parificato. In sostanza, il Dragone di Pechino sta spingendo sull’acceleratore, e, in diversi ambiti Hi-Tech, punta a contrastare, fino a superare, nel giro di qualche tempo la supremazia a Stelle e strisce.
La leadership globale nei settori tecnologici che probabilmente domineranno questo secolo, dall’Internet delle cose alla robotica e all’Intelligenza artificiale, è ora un obiettivo esplicito del regime di Xi Jinping. Nel 2017, per la prima volta, la Cina ha ricevuto più domande di brevetto di Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e Corea del Sud. E nello steso anno, le aziende cinesi tra cui Oppo e Vivo rappresentavano già il 43% degli acquisti globali di smartphone, più di Apple negli Stati Uniti e Samsung in Corea.
“Chi domina l’innovazione tecnologica può esportare anche visione politica, sociale ed economica”, taglia corto Frederick Kempe, presidente e amministratore delegato di The Atlantic Council, che in questa gara dei Tecno-nazionalismi per la supremazia tecnologica, e mondiale, traccia tre diversi scenari e direzioni per il futuro.
“Il primo, è che possa sostanzialmente continuare lo Status Quo attuale”, rileva Kempe, “con Stati Uniti e Cina che si guardano con sospetto e che procedono su binari separati, ma in un quadro di linee e regole comuni. Il secondo scenario è una ‘guerra tecnologica‘ per il dominio globale, una competizione con ogni mezzo e a tutto campo, che però può avere costi altissimi, ed effetti imprevedibili. Oppure, terza possibilità, un futuro di collaborazione, attraverso accordi anche parziali, considerando gli effetti globali che l’evoluzione tecnologica porterà all’intera società, in modo diffuso, e al di là dei singoli confini”.