“Superare il low-skill equilibrium”: è questo il tema centrale del terzo numero de I Quaderni di approfondimento, la collana di Fondazione Ergo dedicata ad analizzare il panorama industriale italiano.
L’Italia – è l’analisi della Fondazione, che si basa sui dati OCSE – è intrappolata in un circolo vizioso che mantiene bassissimo il livello delle competenze: alla scarsa offerta di competenze dei lavoratori fa infatti eco una domanda debole di skill qualificate da parte delle imprese.
Questo fenomeno si aggiunge a un quadro economico italiano già caratterizzato da una debole crescita del PIL (nel 2017 pari all’1,5% con prospettive a ribasso per il 2018), una produttività del lavoro stagnante da oltre un decennio, un tasso di disoccupazione pari al 10,4% e un numero di NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni “not – engaged – in education, employment or training”) di 2,2 milioni.
L’analisi “Superare il low-skill equilibrium” condotta dal Centro Studi di Fondazione Ergo si propone di rispondere a quesiti fondamentali: come evolveranno le skills in base al progresso tecnologico? Quali saranno le competenze richieste nell’Industria 4.0? Il numero di laureati e diplomati soddisferà i fabbisogni richiesti dalle imprese? Quali saranno le professioni emergenti e quali spariranno a causa dell’automazione?”
Indice degli argomenti
Lo skills mismatch
L’indagine evidenzia come il 6% dei lavoratori abbia competenze inferiori a quelle richieste dal lavoro che svolgono (under-skilled). Inoltre il 35% dei lavoratori svolge un lavoro non attinente al proprio titolo di studio (slills mismatch)
L’85% delle piccole-medie imprese italiane è a gestione familiare, con manager che spesso non hanno le competenze adeguate per guidare lo sviluppo tecnologico (e questa è una delle ragioni per le quali le PMI non cercano competenze elevate).
Italia in cerca di 2.576.200 lavoratori
Il sistema informativo Excelsior di Unioncamere stima, al 2022, un fabbisogno di occupati complessivo di 2.576.200 unità, di cui il 30% laureati, soprattutto in materie economiche (fabbisogno di 144.000 occupati), medico-sanitarie e paramediche (136.900) e ingegneria (107.800). Ma In Italia i giovani laureati tra i 30 e i 34 anni sono soltanto il 26,9%, contro una media europea del 39,9%.
Il fabbisogno di diplomati si attesta intorno al 32% di quello complessivo (pari a 809.600 unità), con una richiesta maggiore per l’indirizzo “Amministrazione, finanza e marketing”.
L’analisi della Fondazione evidenzia come si preveda una carenza media di circa 21.000 laureati ogni anno, a differenza dei diplomati, dei quali si prevede un eccesso di offerta rispetto al fabbisogno (1.308.100 unità contro 809.600).
Il bilancio tecnologia-occupazione
L’indagine ricorda inoltre quanto emerso dal Word Economic Forum 2018: il progresso tecnologico porterà alla creazione di 133 milioni di posti di lavoro, mentre 75 milioni saranno perduti o sostituiti, con un saldo netto positivo di 58 milioni di nuovi posti. A cambiare però saranno molte professioni e entro il 2022 almeno il 54% dei lavoratori dovrà adeguare e/o riqualificare le proprie competenze.
È possibile leggere e scaricare il terzo “Quaderno” (ricco anche di grafici e tabelle) a questo link. Buona lettura!