Da Pisa una “scatola 4.0” per una blockchain a portata di tutti

Pubblicato il 28 Set 2018

4zerobox


Provate a pensare a un mondo dove tutto ciò che è commerciabile viene dotato di sensori che, leggendo i parametri predefiniti dalle parti, decidono l’aumento o la diminuzione del prezzo finale, secondo un contratto smart, siglato da una sorta di “notaio digitale”. Un mondo che sembra fantascientifico ma che, attraverso la blockchain, è ormai alla portata di tutte le imprese, o meglio, di tutte quelle che si possono dotare di sistemi 4.0.

Una vera e propria rivoluzione digitale che, fino a oggi, riguardava le grandi aziende, quelle che potevano permettersi un investimento forte per realizzare fabbriche connesse, con i macchinari in grado di trasmettere ogni tipo di parametro al cloud, ma che, grazie a una startup italiana, può diventare alla portata di tutti. L’azienda, infatti, ha messo a punto uno strumento che intanto permette anche alle PMI, che sono la spina dorsale del nostro tessuto industriale, di connettersi al cloud, e poi ha anche allargato il campo ad altri settori, come quello della logistica.

Acquisire i dati, il petrolio del nuovo millennio

Tutto parte da 4zerobox (ne avevamo già parlato qui) una scheda a microcontrollore studiata per l’Industria 4.0, sviluppata da TOI srl, startup del dipartimento di Informatica dell’Universita di Pisa. Un sistema versatile e di facile configurazione che, una volta collegato alle macchine industriali, anche a quelle non dotate di intelligenza, le trasforma in sistemi 4.0 con tutti i benefici del caso. “Il nostro obiettivo – spiega Daniele Mazzei, ricercatore del dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa e CTO di TOI – è quello di capire come si può usare l’intelligenza artificiale e lo studio dell’interazione uomo-macchina per migliorare i processi industriali. Il primo passo, per ottimizzare la produzione, è quello di estrarre i dati, per comprendere cosa succede durante i processi produttivi e, quindi, migliorarli”.

“La nostra azienda si occupa di coprire il primo miglio – spiega – ovvero di acquisire i dati dai macchinari industriali. Molti fanno business intelligence o data science, ma pochi sono specializzati nell’estrarre i dati, nel creare i pozzi di quello che abbiamo definito il petrolio del nuovo millennio”. Per arrivare a questo, però, in teoria servirebbero macchine 4.0 ready, già a catalogo dai grandi costruttori, ma si tratta di investimenti non alla portata di tutti. “Spesso abbiamo a che fare con fabbriche costruite

Per arrivare a questo, però, in teoria servirebbero macchine 4.0 ready, già a catalogo dai grandi costruttori, ma si tratta di investimenti non alla portata di tutti. “Spesso abbiamo a che fare con fabbriche costruite più di 10 anni fa ma perfettamente funzionanti e produttive – sottolinea Mazzei – che non possiamo smantellare per renderle 4.0. Noi, quindi, abbiamo trovato il modo di acquisire i dati da macchine che non sono 4.0 ready utilizzando il 4zerobox”.

Con 4zerobox ogni macchina diventa smart

“Il 4zerobox – ci spiega Mazzei – è uno scatolotto che ha sia le porte analogiche, quelle del vecchio mondo dell’automazione industriale, che quelle digitali e che converte qualsiasi macchina, anche una fresa degli anni 80, in uno strumento collegabile al cloud”. Grazie a questo, quindi, si possono realizzare tutta una serie di processi innovativi, abilitando tutto il mondo 4.0, dalla business intelligence, al machine learning, per iniziare l’ottimizzazione dei processi produttivi.

“Il principio di collegare le macchine al cloud permette di realizzare il digital Twin, ovvero il gemello digitale, la replica, in termini di contenuto informativo, della mia macchina sul cloud. Una cosa che, su macchine predisposte 4.0 è semplice da realizzare ma negli altri casi è praticamente impossibile. Grazie a questo posso, ad esempio, capire che in un processo, perdo troppo tempo nel cambio utensile e, grazie a queste informazioni, posso migliorare questa cosa ottimizzando la produzione”.

Dalla macchina al bene deperibile, ecco come la blockchain cambierà il mondo

Uno strumento che, oltre alla macchina industriale, può trovare anche moltissime altre applicazioni e aprire il mondo della blockchain anche a tutta la catena logistica. L’idea, infatti, è quella di applicare sensori, ad esempio, nel sistema del trasporto, all’interno dei container, per comprendere come un bene può modificare il proprio valore, a seconda dei diversi parametri in gioco. In questo caso i sensori assumono un ruolo diverso e diventano uno strumento economico.

“Se penso a un camion come a un mezzo meccanico che ha livelli di olio e carburante – sottolinea Mazzei – allora va bene il digital twin. Ma se il camion rappresenta la quantità di merce in movimento allora devo cambiare paradigma. Non basta mettere sensori che dicono che ha viaggiato a temperatura controllata, e quindi va tutto bene, ma ho bisogno di pensare a una struttura che garantisca che questi dati non possano essere modificati da terzi e che possano diventare quindi, senza intervento umano, parte integrante di un contratto”.

Lo smart contract e il notaio digitale

“Se vendo un carico di banane che viaggiano in un container avrò un valore di un euro al kg – esemplifica – ma se la frutta viaggia alla temperatura sbagliata durerà meno e, una volta arrivate al punto di smistamento, non potrà più valere la stessa cifra. Oggi, a decidere i nuovi valori è un arbitrato ma, con il 4.0, tutto può cambiare. Se avessi un sensore che scrive dati in un database, non modificabile e non hackerabile, attraverso un algoritmo che determina il prezzo finale della banana, potrei superare questa fase, avendo un risultato finale trasparente”.

E questo è il motivo per cui il 4zerobox è stato fatto evolvere per essere connesso alla blockchain. “La peculiarità della blockchain è quella di poter salvare dati su un database immodificabile da terzi, e distribuito – ricorda Mazzei – che diventa una sorta di notaio digitale da cui vado a sottoscrivere un contratto quadro. Le caselle del contratto pre compilato vengono riempite con i dati acquisiti dai sensori e il risultato del contratto evolve sulla base di un algoritmo che non può essere cambiato. Una formula che prende, in ingresso, i dati dei sensori e che, una volta che le parti lo hanno definito diventa immutabile”.

Contratti trasparenti e “a prova di corruzione”

Uno strumento che, grazie alla possibilità di distribuzione dei parametri, diventa trasparente e apre scenari molto interessanti e legati, non solo alla supply chain. Si va dal noleggio di mezzi a lungo termine, alla produzione farmaceutica, dalla chimica al trasporto dei rifiuti. Tipologie di intervento che, grazie alla distribuzione dei database su molte macchine, diventa sempre più trasparente e sicuro. Ad oggi, il modo più sicuro per garantire che il un database non venga violato o hackerato – spiega – è renderlo distribuito. Più grande è il numero di macchine in cui distribuisco il database e più è complicato andarlo a modificare perché maggiore è il numero di macchine da hackerare”.

Uno strumento, quindi, che grazie alla sua versatilità si può applicare anche a tutto il mondo delle certificazioni. Un esempio su tutti può essere quello del trattamento rifiuti, con tutte le sue specificità. “Oggi abbiamo bolle di trasporto, pese, bilance, camion e tipi di valori – sottolinea Mazzei – ma abbiamo visto che ci sono rischi di frode. Noi pensiamo a un dispositivo che viene messo in un camion e misura peso e percentuali di gas, i dati vengono scritti su uno smart contract e diventano la nuova bolla. In questo modo sarebbe molto più difficile riuscire a corrompere qualcuno perché entrano in campo troppe figure, dal responsabile dei sistemi informativi fino alle altre aziende con le quali mi sono interfacciato”.

Dalla blockchain una “spallata” alla burocrazia

Una situazione che, per ora, è ancora teorica ma che, una volta sdoganata cambierà profondamente le cose. “Io sono sicuro che a breve vedremo uscire le prime leggi che tengono in considerazione questi sistemi – prosegue Mazzei – non necessariamente le blockchain ma, comunque, i sistemi di record digitale del dato. E tanti sistemi normativi e burocratici che abbiamo ora sono destinati a essere mutati profondamente”. Una strada già percorsa nella vicina Malta, che è il primo paese ad avere avviato una procedura di aggiornamento della normativa che prende in considerazione le blockchain attirando startup e aziende che operano in questo comparto e che hanno bisogno di un sistema legale che le supporti.

La blockchain mitiga inoltre, il problema del gigantismo dei provider di tecnologia, quindi, perché decentralizzando il tutto risolve il rischio di ingerenza delle grandi aziende. “Se noi la colleghiamo a sensori e aggiungiamo il concetto dello Smart contract – conclude Mazzei – abbiamo creato un sistema sicuro perché sarà molto più complesso da infrangere rispetto agli standard ai quali siamo abituati”.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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