Robot quadrupedi collaborano tra loro in maniera autonoma: l’inquietante video di Boston Dynamics

Il quadrupede SpotMini della Boston Dynamics ha dimostrato di poter collaborare con i suoi simili in totale autonomia, creando sinergie funzionali. Oggi questi “team” di robot sono in grado di compiere imprese finora impensabili.

Pubblicato il 13 Feb 2018

spot mini


Il nuovo video di SpotMini, il quadrupede robot messo a punto da Boston Dynamics, l’azienda acquisita da Google qualche anno fa per entrare nel mondo della robotica e poi rivenduta alla giapponese SoftBank, lascia a bocca aperta. Le nuove immagini, messe in rete in queste ore, ci fanno vedere un robot quadrupede che arriva davanti a una porta chiusa e chiama in soccorso un suo “collega”, simile a una piccola “giraffa robotizzata” per via del braccio di cui può disporre. Questo secondo robot apre, in totale autonomia, la maniglia di una pesante porta a molla, lascia entrare il secondo robot e poi lo segue.

Il video, che si intitola “Hey Buddy, can you give me a hand?”, ci propone uno scenario tutto nuovo, che solo Isaac Asimov, nella sua saga visionaria aveva previsto: il superamento dell’interazione collaborativa tra uomo e macchina in favore di una diretta collaborazione tra robot che svolgono compiti diversi e che possono mettere insieme gli sforzi per fare un lavoro comune. Un punto di vista completamente nuovo, e in parte spiazzante.

“Il progresso tecnologico di queste macchine ci lascia tutti sbalorditi”, commenta Andrea Zanchettin del dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano, che ha all’attivo diversi progetti di ricerca sulla robotica collaborativa, e co-fondatore di Smart Robots. “Il fatto che macchine possano comunicare tra loro ed essere coscienti dei propri limiti conferma la necessità di utilizzare competenze complementari per risolvere un problema difficile. La domanda che dobbiamo farci è: saremo noi a dover imparare il loro linguaggio per essere chiamati in causa o saranno loro ad imparare il nostro perché avranno ancora bisogno del nostro aiuto?”.

Da dove si è partiti per arrivare a SpotMini

SpotMini, il robottino mostrato in questo video, ha una storia abbastanza lunga e complessa che inizia nel momento in cui la Boston Dynamics entra nel programma “Alphabet” di Google trasferendo nel comparto civile un know how basato principalmente sullo sviluppo di robot per uso militare – la maggior parte degli studi erano infatti finanziati dall’Agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Il primo SpotMini, che era stato presentato con un video nel giugno del 2016, era ancora abbastanza goffo e non riusciva a superare i 90 minuti di attività. Dagli studi militari, però, aveva preso una straordinaria capacità di equilibrio che gli permetteva di riprendersi anche in situazioni estremamente complesse fino alla prova del passaggio su un percorso cosparso di “bucce di banana” unico caso nel quale SpotMini era andato KO.

Ma dopo aver reso noto questo primo esempio di robot domestico Boston Dynamics, aveva perfezionato gli studi mettendo a punto Handle, un nuovo esemplare di robot che opera prevalentemente in posizione da bipede, muovendosi con ruote al posto di piedi  o tronchetti. Un robot in grado di mantenere una buona velocità su qualsiasi superficie, compreso il ghiaccio, ma anche di saltare ostacoli verticali superiori al metro, dimostrando una versatilità e un’agilità davvero uniche.

Robot collaborativi, quali scenari si aprono ?

Ad aprire una porta c’era già riuscito un altro robot prodotto da Boston Dynamics, l’umanoide Atlas, ma, per fare questa operazione aveva operato in maniera completamente autonoma. La porta, infatti, era di quelle d’emergenza, dotate di un maniglione e, per l’apertura, Atlas aveva puntato su un’operazione molto meno complessa, una semplice spinta che, grazie alla massa del robot, aveva permesso l’apertura.

Il nuovo video di Boston Dynamics, però, mette tutti di fronte a uno scenario completamente nuovo, che forse solo la fantascienza più visionaria aveva preso in considerazione, quello dell’interazione tra macchina e macchina che, attraverso attività collaborative, permette di compiere lavori particolarmente complessi.

La vera innovazione che emerge dal video è che questa autonomia non viene conquistata grazie all’intervento dell’uomo ma con l’aiuto di un “cyber gemello” che possiede skill differenti e, dialogando, può compiere operazioni incredibili.

A pensare bene, e speriamo che tutti ragionino in questo modo, adesso si può pensare a quali potenzialità si possono aprire. Macchine di questo tipo, infatti, si possono utilizzare in operazioni di salvataggio, oppure in scenari di bonifica da ordigni o altre situazioni di emergenza. Ma non dimentichiamo il punto di partenza di questi studi e la vocazione militare dell’azienda. Il dibattito è aperto.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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