A gettare nuova benzina sul fuoco delle polemiche sul ruolo dell’automazione sul futuro dell’occupazione è un nuovo report stilato dalla società di richerche McKinsey intitolato “A future that works: Automation, employment, and productivity”.
Il report prende in esame un periodo di riferimento piuttosto lungo (si arriva fino al 2065), esaminando l’impatto dell’automazione e della robotica sul mondo del lavoro sulla base di due possibili scenari: un primo in cui le tecnologie vengono efficacemente adottate in maniera più rapida (early scenario) e un secondo in cui le cose procedono con maggiore lentezza (late scenario). In entrambi i casi si parte dall’assunto che, grazie all’automazione, la produttività mondiale crescerà nel prossimo cinquantennio di un valore compreso tra lo 0,8% e l’1,4% (sono i dati relativi, rispettivamente, al late e all’early scenario).
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I fattori determinanti
La velocità con la quale avverrà la trasformazione del sistema economico e produttivo dipenderà da cinque fattori. Il primo fattore è la “fattibilità tecnica”, poiché la tecnologia deve essere sviluppata, integrata e adattata in soluzioni che automatizzino le specifiche attività. Secondo fattore è il costo. In terzo luogo vanno considerate le dinamiche del mercato del lavoro. Quarto punto è l’incidenza economica indotta da una maggiore qualità e da un risparmio sul costo del lavoro. Ultimo fattore – solo in ordine di esposizione – è l’accettazione di queste trasformazioni a livello normativo e sociale.
In ogni caso ci vorranno diverse decine di anni perché l’effetto dell’automazione si dispieghi in modo completo.
L’automazione riguarderà il 60% delle attività lavorative
Il contributo dell’automazione non consisterà soltanto nel fare meglio dell’uomo i lavori manuali e ripetitivi, come comunemente si pensa; secondo lo studio ci sarà un impatto significativo anche su alcune mansioni a valore aggiunto (middle-skill jobs), che richiedono un apporto cognitivo. Complessivamente McKinsey stima che il 49% delle attività lavorative retribuite potrebbe essere automatizzato utilizzando tecnologie che già oggi hanno dimostrato la loro efficacia. Il valore equivalente in salari delle attività automatizzabili è di circa 16 mila miliardi di dollari relativi al salario di 1,1 miliardi di posizioni lavorative. Questo risultato potrebbe essere raggiunto entro il 2055, ma anche 20 anni prima o dopo a seconda dell’evoluzione del contesto economico internazionale.
Un dato interessante che emerge dall’analisi è che solo il 5% dei lavori potrà essere completamente automatizzato, ma l’automazione avrà un impatto – in una misura pari al 30% – su circa il 60% delle mansioni lavorative. In altre parole, in 6 tipologie di lavori su 10 una buona parte dei compiti sarà eseguito da macchine.
Il ruolo della geografia…
L’impatto sarà diverso nei diversi Paesi, a seconda degli specifici “mix” tra i settori e tra le attività all’interno dei diversi settori. Per esempio, i Paesi con un’elevata incidenza di Industria e Agricoltura potrebbero offrire un terreno più fertile per la diffusione dell’automazione; ma laddove i salari fossero bassi la convenienza (e la velocità) del passaggio a tecnologie di automazione potrebbe risentirne.
L’Italia, per esempio, è situata nella fascia in cui l’incidenza sarà maggiore: secondo McKinsey in Italia l’automazione avrà impatto su attività lavorative che pesano tra il 49% e il 51% del totale (si noti come l’Italia è seconda in Europa solo alla Repubblica Ceca).
… e quello della politica
Il report sottolinea anche che, affinché non si verifica un crollo drastico del PIL pro capite, la politica dovrà fare in modo che chi perde il lavoro negli ambiti nei quali l’automazione avrà un impatto maggiore debba trovare una collocazione alternativa.
Lo studio è disponibile in versione integrale (circa 140 pagine) o in versione executive summary (20 pagine) ed è liberamente accessibile dal sito della società.
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